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Rinaldo Nocentini
#1

Rinaldo Nocentini




 
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#2
Problemi al ginocchio per Nocentini, domani accertamenti a Pisa
Negli ultimi due giorni di corsa al Giro del Mediterraneo, Rinaldo Nocentini ha accusato un po' di fastidio al ginocchio destro: domattina si sottoporrà ad accertamenti a Pisa, alla Kinetic, per capire dove nasce il problema e trovare una possibilmente rapida soluzione.

tuttobiciweb.it
 
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#3
Il favoloso mondo di Rinaldo
Ha un viso da bambino, ma è uno dei vecchietti del gruppo. Nella giovane nazionale che il ct Bettini ha schierato in Olanda è stato uno dei decani, anzi quello con più anni di professionismo alle spalle: 14, uno in più dell’esperto Luca Paolini. Rinaldo Nocentini, sempre col sorriso sulle labbra e la battuta pronta da buon toscano, ha compiuto 35 anni il mese scorso, proprio due giorni dopo l’ap­pun­tamento iridato, ma per spirito e gambe ne dimostra molti meno.
Aretino di Montevarchi, vive ad Alberoro con la moglie Manola, è professionista dal 1999 e in carriera vanta 13 successi. Dopo tre anni alla Mapei Quick Step, uno alla Fassa Bortolo, uno alla For­maggi Fiavè Pinzolo e tre alla Acqua&Sapone, da sei stagioni milita nella francese AG2R. Alla ribalta nel ciclismo che conta da ormai parecchi anni, sotto i riflettori durante il Tour de France 2009 quando ha indossato per otto giorni la maglia gialla, ci spiega il segreto della sua eterna giovinezza e svela il suo sogno (rosa) nel cassetto.

Cosa rappresenta per te il ciclismo?
«È stato ed è il mio stile di vita perchè ci sono cresciuto dentro. Il mondo del­le due ruote è la mia casa da quando avevo 6 anni, mi ha fatto diventare un uomo sano, onesto, rispettoso, per be­ne. La bicicletta mi ha insegnato a fare sacrifici e a sopportare la fatica».

Chi ti ha trasmesso questa passione?
«Mio fratello maggiore Roberto che ha corso fino a dilettante. Quando lui ha smesso, io ormai ero partito e mi piaceva così tanto pedalare che non mi sono più fermato. Ricordo ancora la mia prima gara, non tanto perché arrivai terzo ma perché fui battuto da una donna. Come potrei scordare anche la prima bici? Era rosa. Pensate che traumi infantili ho vissuto (scherza, ndr). Altri aneddoti? Mi ricordo più di una gara fatta tutto solo, non perché andassi in fuga ma perché alla partenza ero proprio l’unico bambino della categoria così mi facevano percorrere uno o due giri, alla fine mi davano la coppa ed ero a posto per tornare a casa felice».

Altre passioni della tua vita?
«Mi sono sempre piaciute le moto, ma detto fra me e te mi hanno anche sempre fatto un po’ paura. Due anni fa do­po la maglia gialla me ne ha regalata una mia moglie e la Ducati in occasione del lancio della nuova Monster 796 mi ha regalato una livrea speciale giallo e blu del Tour de France, con scritto sui parafanghi “Noce”. Bellissima. Co­me detto, però, non sono uno spericolato, la uso per andare a prendere il ge­lato o per piccoli giri».

L’anno prossimo festeggerai quindici anni nella massima categoria.
«Volevi ricordarmi che sto invecchiando (scherza, ndr)? L’altro giorno chiacchierando con il macellaio, gli ho fatto indovinare quanti anni avessi e lui mi ha detto che secondo lui ne avevo 27, massimo 28. È vero, gli anni passano, ma dimostro meno della mia età e sia fisicamente che mentalmente mi sento un ragazzino. Questa è stata la mia mi­gliore stagione di sempre, non ho vinto ma da febbraio a settembre sono andato forte. Mi sento integro e ora come ora non penso assolutamente ad attaccare la bici al chiodo. Fin quando mi diverto, i risultati arrivano e la testa c’è non ho motivo per smettere. Se non mi abbandona il fisico, se non invecchio tutto d’un tratto, ho ancora cinque o sei stagioni davanti a me. Diciamo che correre fino ai 40 anni sarebbe un bel traguardo».

Soddisfatto del corridore che sei diventato?
«Nel complesso sì, an­che se so­­no consapevole che da giovane po­tevo fare di più. Nei primi anni nella massima categoria sono stato un po’ un lavativo, ma allo stesso modo sono stato bravo a riprendermi e a ritagliarmi un bel posto in una grande squadra. Il bivio della mia carriera è stato quando dalla Fas­sa Bortolo mi sono ritrovato alla Formaggi Fiavè, team mi­nore in cui ho capito che o mi davo una mos­sa o avrei po­tuto anche finire lì la mia carriera. Mi rimisi in carreggiata, passai alla Ac­qua&Sa­pone e vinsi il mondiale con Bet­tini a Sali­sburgo 2006».

In Francia ormai ti senti come a casa...
«La prossima sarà la mia settima stagione alla AG2R. All’estero ho trovato una squadra World Tour che mi ha dato fi­ducia fin da subito, facendomi correre da leader, cosa che in Italia mi è mancata nei primi anni nella massima categoria. In Francia, a differenza che da noi, se uno svolge il suo lavoro seriamente non subisce stress o pressioni particolari, può vivere sereno e tranquillo come piace a me».

Cosa non può mancare nella tua valigia?
«Computer, iphone, della buona musica e una foto di mia moglie che attacco sempre in camera. Di solito indosso un orecchino che mi ha regalato un amico e porto con me un paio di occhiali da sole e un orologio. Generalmente divido la stanza con il mio compagno di squadra Gregor Gazvoda».

Qual è il segreto di una lunga carriera come la tua?
«Forse io l’ho resa lunga lavorando po­co da ragazzo, se da giovane si viene spremuti per forza di cose toccherà met­tere piede a terra prima. Credo che per sopportare con piacere la vita del ciclista, sempre in viaggio da una gara all’altra, serva solo un po’ di equilibrio e regolarità: a casa, negli affetti, nell’alimentazione».

Chi ti è stato vicino in tutti questi anni?
«Senz’altro mia moglie (Manola gestisce una scuola di danza, ndr): se io sono un “tranquillone”, lei al contrario non si adagia mai e mi ha spronato molto ad andare avanti nei periodi no. Nei momenti importanti, come a Val­ken­burg, lei c’è sempre. Quando ero un ragazzino, è stata altrettanto fondamentale la mia famiglia. Mamma Ro­ber­ta, papà Lorenzo e i miei fratelli (Ri­naldo è il nono di dieci figli, ndr) mi hanno supportato in particolare nell’età dell’adolescenza, quando non è facile affrontare i sacrifici che comporta il ciclismo, quando vedi che gli amici vanno in giro con il motorino e alla sera escono a divertirsi. I miei genitori non mi hanno fatto mai mancare niente e allo stesso tempo mi hanno aiutato a capire che il ciclismo poteva es­sere la mia strada. Sono stato for­tunato».

Quale il momento più emozionante della tua carriera?
«Di momenti belli ne ho vissuti tanti, ma quegli otto giorni in maglia gialla al Tour del 2009, il mio primo Tour de France, per ora restano insuperabili».

E il più difficile?
«La caduta al Gran Premio dell’In­subria 2010 quando ruppi tibia, perone, malleolo e stragalo. Fui subito rassicurato che, nonostante le due placche metalliche e le 15 viti che servivano a rimettermi in sesto la gamba, non avrei avuto problemi a montare di nuovo in bici ma per ritrovare il colpo di pedale giusto ho impiegato un anno e mezzo. Un periodo davvero duro in cui ho vissuto con la paura di dover mollare tutto: fortunatamente da quest’anno sia la muscolatura che il morale sono tornati al meglio».

Hai rimpianti?
«Qualcuno sì, in una carriera lunga come si fa a non averne? Ad ogni mo­do sono sereno, difficilmente penso al passato, preferisco guardare al futuro per migliorare e ambire a nuovi traguardi».

Un sogno che è ancora nel tuo cassetto?
«Visto che ho già provato l’emozione di vestire la maglia gialla, ora vorrei provare cosa si sente indossando la maglia rosa. Sto pensando di incentrare la prossima stagione sul Giro d’Italia. Vediamo se questo sogno si trasformerà in realtà».

Quello olandese è stato il tuo terzo mondiale (dopo Salisburgo 2006 e Geelong 2010): quale emozione si prova a indossare la maglia azzurra?
«È sempre una grande soddisfazione. In più quest’anno la sfida iridata è andata in scena su un percorso che conosco bene, a Valkenburg nel 1998 fui secondo sul podio iridato Under 23 tra Ivan Bas­so e Danilo Di Luca, e mi si addice. Questo forse è stato l’appuntamento a cui sono arrivato più in forma e credo di averlo dimostrato svolgendo al cento per cento il ruolo che mi è stato affidato dal ct Paolo Bettini».

Se però nel ’98 il podio era interamente tricolore, questa volta l’Italia se ne è tornata a casa con la coda tra le gam­be.
«Il risultato non ci ha premiato, ma nel complesso secondo me siamo stati molto bravi. Con i se e i ma non si va da nessuna parte, quel che è fatto è fatto. Ad ogni modo indipendentemente da quello che abbiamo raccolto, sono convinto che su questo gruppo si può costruire qualcosa di importante in prospettiva. Se i giovani continuano così raccoglieremo presto dei frutti, diamogli solo un po’ di tempo».

Il suggerimento che hai dato ai ragazzi alla loro “prima volta” in nazionale?
«Di essere onesti, di eseguire quello che ci ha raccomandato il ct senza pensare ad altro. Se ognuno svolge il proprio compito, abbiamo dimostrato che l’Italia è un’ottimo team. Abbiamo provato a giocarci il mondiale, ci è mancato qualcosa nel finale, ma per questo non possiamo essere bocciati in toto. Come detto per il futuro sono ottimista».

Cosa ne pensi della nuova linea federale?
«Credo che la nostra Federazione do­vrebbe essere alla pari delle altre, se gli altri non prendono questi provvedimenti, giusti o sbagliati che possano essere, perché noi dobbiamo accettarli? E personalmente sono convinto che se un atleta ha pagato e per le norme vigenti ha il diritto di tornare a correre, deve poterlo fare a pieno titolo, anche avendo la possibilità di difendere i colori della propria nazionale».

Come sta secondo te il ciclismo italiano?
«Un fuoriclasse come Bettini ci manca, negli appuntamenti importanti ci aveva abituato bene. Negli ultimi anni stiamo soffrendo un po’ per mancanza di risultati ad alti livelli, ma il nostro futuro è rosa. Abbiamo davvero tanti ragazzi, da Nibali a Moser e Ulissi che da qui in avanti sapranno regalarci grandi soddisfazioni».

Come immagini il tuo post carriera?
«Intendi dire cosa voglio fare “da grande”? A parte gli scherzi, mi piacerebbe rimanere nel mondo delle due ruote, ma ancora non ho pensato a un ruolo preciso. Magari lavorando con i giovani, ma si vedrà... Al momento ho davvero poca voglia di stare lontano da casa (sorride, ndr)».

Quando un giorno diventerai papà, sarai felice se tuo figlio ti chiederà di correre in bici?
«Sinceramente sarei felicissimo di una decisione simile, ma non lo spingerei mai. Opterà per quello che preferisce e se decidesse di pedalare, come potrei non assecondare la sua, anzi la nostra, passione?».

da tuttoBICI di ottobre a firma di Giulia De Maio
www.tuttobiciweb.it
 
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#4
Rinaldo Nocentini incontra i suoi fans
Si terrà sabato 24 novembre la prima cena del fans club di Rinaldo Nocentini,il "Noce" incontrerà i suoi tifosi presso la discoteca Principe di Arezzo , un appuntamento che sarà anche l'occasione per festeggiare una stagione ricca di soddisfazione per il cliclista di Montemarciano culminata con il 30° posto assoluto nella classifica mondiale di ciclismo a punti".

"Ritengo la stagione appena conclusa - attacca il Noce - come la migliore da quando corro, non è arrivata la vittoria ma tanti sono stati i piazzamenti di rilievo senza dimenticare un mondiale da protagonista."

"Adesso - continua Nocentini - mi aspetta un periodo di pausa con la bici, anche se sono già carico per la prossima stagione sempre con la formazione francese della Ag2r La Mondiale, ringrazio i tanti tifosi che mi hanno sempre sostenuto in quest'annata e non vedo l'ora sabato sera di abbracciarli e festeggiare con loro".

L'evento di sabato 24 è organizzato dal negozio Biking Team di Via Mincio ad Arezzo, sede del fans club. " Ci siamo offerti volentieri di fornire il nostro punto vendita - a parlare è Stefano Gadani del Biking Team - per la costituzione del punto di ritrovo dei tifosi di un campione del nostro territorio come il Noce, gli iscritti sono circa un centinaio, in continua crescita, per sabato sera non mancheranno sorprese per tutti gli amici che festeggeranno con noi". Per informazioni Biking Team telefono 0575/942151

Alessandro Bianchi per arezzonotizie.it
http://www.arezzonotizie.it/home/sport/a...-suoi-fans
 
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#5
Nocentini non si pone limiti: "Vorrei correre fino a 40 anni". Per il 2013 prenota le classiche, il Tour e il mondiale
A 35 anni sta per cominciare la settima stagione con la maglia dell'Ag2r: "All'estero c'è più tranquillità". Prima di smettere vorrebbe vincere la Sanremo o la Liegi-Bastogne-Liegi

Trentacinque anni e non sentirli. Sarà per quella faccia da eterno “cittino”, sarà perché nell’ultima stagione è andato più forte di tanti ventenni. Chiamarlo veterano fa un certo effetto. Rinaldo Nocentini si proietta verso il nuovo anno con l’entusiasmo e le motivazioni di un ragazzino. Nel 2012 ha conquistato molti piazzamenti di prestigio e disputato un mondiale da protagonista, nel 2013 l’obiettivo è confermarsi sugli stessi livelli. La prossima sarà la settima stagione consecutiva con la maglia dell’Ag2r-La Mondiale. In Francia il Noce è ormai un beniamino: i nove giorni in maglia gialla al Tour del 2009 gli hanno fatto guadagnare il rispetto dei francesi. L’abbiamo intercettato alla vigilia della partenza per la Spagna dove da oggi sosterrà il secondo raduno di una decina di giorni nei pressi di Valencia.

Rinaldo, cosa significa correre per tanto tempo per la stessa squadra?
“Vuol dire che loro sono contenti di me e io mi trovo bene con il team. In Ag2r ho trovato l’ambiente giusto”.

Che differenza c’è rispetto ad una formazione italiana?
“All’estero c’è più tranquillità”.

Ti rivedremo in un team italiano?
“Mai dire mai. Però il prossimo sarà il settimo anno con i francesi e ho il contratto anche per il 2014. Allora avrò 37 anni".

Hai deciso quando smetterai?
“Il limite prima o poi lo devi fissare. Oggi si può arrivare fino a 40-41 anni. Ci sono esempi come Voigt e Horner che a quell’età sono ancora sulla breccia. Per il momento non mi sono dato scadenze. Il ciclismo mi piace, la passione per questo sport è intatta e, poi, fino a che arrivano i risultati vado avanti”

Anche tu fino a 40 anni?
“Perchè no. Vorrei provare ad arrivarci”

Nella passata stagione è mancata la vittoria, ma hai conquistato la maglia azzurra. Nel 2013 il mondiale è in casa, a Firenze. Baratteresti il ritorno al successo con la convocazione in nazionale?
“La vittoria, è vero, manca da un po’ di tempo, però il mondiale a Firenze è speciale. Non baratterei un successo con la maglia azzurra”.

Il ct Bettini ha grande fiducia in te. Come ti senti a far da chioccia ad una nazionale molto giovane?
“Significa che il fisico ancora regge e che l’età conta poco. Ci sono corridori oltre i trenta che mettono dietro 25enni.”

Definito il programma per il 2013?
“Nella prima parte Tirreno-Adriatico, Sanremo, Giro dei Paesi Baschi, poi le classiche Liegi, Freccia e Amstel. Staccherò a maggio e ripartirò con il campionato italiano. L’obiettivo principale sarà il Tour de France dove proverò a vincere una tappa.”

Con la Grande Boucle hai un legame particolare.
“I giorni in maglia gialla non si dimenticano. Ci sono tornato nel 2010, ma non ero al meglio perché reduce dal gravissimo infortunio alla gamba (frattura di tibia, perone e malleolo a fine 2009, ndr) Ci tengo a disputare un bel Tour”.

E poi c’è il mondiale.
“Parlerò con Bettini e cercherò di meritare la convocazione"..

Prima di appendere la bici al chiodo, qual’è la corsa che vorresti di vincere?
“Da italiano la Milano-Sanremo anche se è un obiettivo difficile perché non ho le caratteristiche adatte. Allora se devo essere più realista dico la Liegi-Bastogne-Liegi”

Andrea Lorentini - arezzooggi.net
http://www.arezzooggi.net/notizie/sport/...l-mondiale
 
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#6
Nocentini:”Riparto con tanto entusiasmo. Nel 2014 vorrei una vittoria e aspetto la Tirreno-Adriatico”
La carta d’identità parla di 36anni compiuti lo scorso settembre quando era in ritiro con la Nazionale, ma in realtà lo spirito di Rinaldo Nocentini è sempre lo stesso. Pronto allo scherzo, pieno di entusiasmo e deciso a migliorare ancora perché per il 2014 il ciclista aretino dell’Ag2r La Mondiale ha già le idee chiare.
Potremmo dire che la stagione 2014 inizierà la prossima settimana – spiega Rinaldo. In calendario c’è il raduno dell’Ag2r sul Montgenèvre dove ritroverò tutti i miei compagni di squadra e ci sarà modo di conoscere meglio gli ultimi arrivi”.
Il calendario non è ancora definito ma le idee nella testa del Noce così come gli obiettivi non mancano, tanto che quando lo incontriamo sta studiando sul pc la prossima Tirreno-Adriatico e in particolare la tappa con arrivo ad Arezzo.
Vorrei tanto poter tornare alla vittoria che anche quest’anno mi è sfuggita proprio sul più bello – racconta Rinaldo. Penso alle Strade Bianche, ma soprattutto alla Vuelta quando credevo di aver chiuso i giochi. Sono comunque soddisfatto perché a mio avviso ho disputato una stagione su buoni livelli, compresa anche l’esperienza in Nazionale. Parlare degli impegni in calendario è ancora presto però prenderò sicuramente parte alla Tirreno-Adriatico, alla Milano-Sanremo, Amstel, Freccia, Liegi e sarò certamente al Campionato Italiano. Deciderò poi in seguito se partecipare al Giro o al Tour e a fine stagione vorrei tornare ad indossare la maglia azzurra. Ho sempre ritenuto la convocazione in Nazionale tra gli obiettivi più importanti“.

Matteo Marzotti - arezzonotizie.it
http://www.arezzonotizie.it/art_generi/a...adriatico/
 
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#7
Nocentini: «Quelli in giallo sono stati i giorni più belli»
«Anche un grande come Nibali ha cambiato espressione...»

In questi giorni il suo nome è stato un po’ sulla bocca di tutti. Non stiamo parlando di Vincenzo Nibali, che ieri non ha avuto problemi a conservare la maglia gialla conquistata domenica, ma del suo più recente predecessore, Rinaldo Nocentini. Il corridore aretino della AG2R, infatti, indossò per otto giorni consecutivi la maglia gialla al Tour de France 2009; ultimo italiano a vestire il simbolo del primato della corsa a tappe più importante al mondo, prima della straordinaria impresa di Nibali a Sheffield.

Memori di quel precedente, abbiamo deciso di contattare il “Noce” per la quarta puntata di “Velodrome, opinioni a confronto”, che ha accolto con piacere l’invito. Rendendosi protagonista di un approfondimento davvero interessante. «Ricordo quegli otto giorni in maglia gialla come i più belli della mia carriera», ha esordito Nocentini. «Anche un grande campione come Nibali, che ha già vinto il Giro e la Vuelta, ha cambiato proprio espressione. È una cosa più grande di noi». Proseguendo nella sua lucida analisi, il corridore della AG2R ha evidenziato le differenze tra quella sua esperienza e quella di Nibali: «La mia maglia gialla fu una sorpresa, ero a quel Tour per fare da gregario, poi mi ritrovai in maglia per otto giorni e per la squadra fu una cosa veramente grande. Nibali invece al Tour c’è andato per vincerlo e credo che nei prossimi giorni potrebbe lasciare ad altri la maglia per non spremere troppo la squadra». I primi tre giorni di gara di Nibali hanno convinto Nocentini, che vede «Contador al di sopra di tutti, senza però accantonare le possibilità di vittoria dello “Squalo”. Certamente uno dei più accreditati alla maglia gialla finale». Restando fiducioso nelle possibilità dei suoi compagni di squadra Romain Bardet e Jean-Christophe Peraud. «Penso che entrambi potranno ottenere degli ottimi piazzamenti in classifica generale».

Reduce da una prima parte di stagione davvero sfortunata, culminata nella bruttissima caduta di cui è stato vittima al Giro dei Paesi Baschi e che tutt’ora lo sta tenendo lontano dalle corse, Nocentini è pronto per un finale di stagione da protagonista: «Tornerò in gara al Giro di Vallonia, poi farò San Sebastian, Burgos e Vuelta, che correrò con l’obiettivo di fare una bella corsa, cercando le vittorie di tappa ma senza ambizioni di classifica». Puntando anche alla convocazione per i Mondiali di Ponferrada? «Sinceramente non è l’obiettivo primario. Sono più di due mesi con corro. fisicamente sono abbastanza riposato e il primo pensiero è quello di fare una bella Vuelta. Se riuscirò a prepararmi bene, sono convintissimo che farò un grosso finale di stagione; se poi il c.t. Davide Cassani riterrà comunque opportuno chiamarmi sarò non contento, di più. Ma è una cosa a cui in questo momento non sto pensando».

L’appuntamento con “Velodrome, opinioni a confronto” tornerà come sempre, questa sera, a partire dalle ore 21:30. Il debutto in terra francese avverrà all’insegna di un’altra tappa che si presenta adatta ai velocisti: Le Touquet (Paris-Plage)-Lille Métropole di 163 chilometri, che anticiperà la frazione del pavè di domani. Sarà ospite telefonico Sonny Colbrelli, il velocista del team Bardiani-CSF che dopo tanti piazzamenti è riuscito a rompere il ghiaccio aggiudicandosi nel mese di giugno, in rapida successione, una tappa al Giro di Slovenia e il Giro dell’Appennino.

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#8
Nocentini: «Ancora un anno con la AG2r»
«Punto a far bene Lombardia e Pechino»

È arrivato secondo sul traguardo della Milano-Torino, ma ha tagliato il traguardo con un sorriso grande così. Finalmente felice, Rinaldo Nocentini, finalmente competitivo.
«Grande corsa, ho cercato fino all'ultimo di tenere la ruota di Giampaolo Caruso ma lui aveva qualcosa in più di me. Sono contento per lui, che è un amico, ma sono contento soprattutto per me, perché finalmente sto trovando la condizione».

Sei alla fine di un anno travagliato.
«La caduta al Giro dei Paesi Baschi ha creato problemi enormi. Non si è trattato solo della rottura della scapola, ma di una situazione interna molto più delicata in quanto cadendo mi sono frantumato varie parti della spalla. Hanno dovuto mettermi quattro viti per risistemare il tutto. E la ripresa è stata lenta e difficile».

Ti aspettavi di più dalla Vuelta?
«Sicuramente sì, ma a ben pensarci non potevo pretendere di più. È stata una corsa strana: ad un giorno in cui mi sentivo bene, ne seguivano altri tre o quattro in cui facevo una fatica incredibile. Ora però le cose vanno meglio».

Ci regalerai una sorpresa al Lombardia?
«La Milano-Torino ha detto che sto bene, sono in condizione e voglio correre da protagonista Il Lombardia e il Giro di Pechino».

Ed il prossimo anno?
«Ho rinnovato il contratto con la AG2r La Mondiale per il 2015, sarà la mia nona stagione in questa squadra. Alla mia età non si possono fare programmi troppo a lunga gittata, vedremo come va. Squadra e sponsor hanno rinnovato il loro accordo fino al 2018, io per ora mi accontento di anno, poi saranno fisico e testa a dirmi cosa fare».

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#9
Nocentini: caccia ai mobili prima di ripartire
Voglio riscattare una stagione sfortunatissima

Cosa fanno i corridori d’inverno? C’è chi compra mobili per riarredare casa come Rinaldo Nocentini, che “becchiamo” impegnato nello shopping con la moglie Manola al rientro dal primo ritiro stagionale della Ag2r La Mondiale. L’aretino classe ’77 ci racconta il suo sfortunato 2014 e ci svela come si sta preparando per un 2015 in cui la parola d’ordine sarà riscatto.

Tiriamo le somme della stagione passata.
«Il bilancio è drammatico, un bollettino medico. A febbraio sono caduto al Giro del Mediterraneo riportando una microfrattura a un osso della mano, poi sono finito a terra di nuovo al Giro dei Paesi Baschi fratturandomi la scapola sinistra. Ho potuto ritornare alle corse poco prima della Vuelta, durante le tre settimane in Spagna ho sofferto tanto ma sono riuscito a ritrovare il ritmo gara e una buona gamba per il finale di stagione. Sono arrivato 2° alla Milano-Torino, 10° a Il Lombardia, a Pechino sono stato protagonista ma non posso ritenermi soddisfatto. Speriamo in un po’ più di fortuna…».

Sei andato in vacanza?
«No, ho tolto la placca alla scapola il 30 ottobre. Tra operazione e punti non ho avuto tempo. Da lunedì a venerdì sono già stato impegnato con la squadra, a Monginevro. Cinque giorni senza bici, sulla neve, con gli sci da fondo. Abbiamo conosciuto i nuovi arrivati e iniziato a stilare i programmi per il 2015. Mi hanno fatto una bella impressione i giovani che passano dal vivaio del team e ho avuto modo di conoscere meglio Jan Bakelants, che tra l’altro parla bene italiano, e Johan Vansummeren, che capisce la nostra lingua. Siamo un bel gruppo».

Che corse disputerai?
«L’obiettivo è riscattarsi quindi voglio partire subito con il piede giusto. Esordirò al Tour de San Luis in Argentina, poi sarò al via del GP Laigueglia, Tour of Oman, Lugano, Strade Bianche, Sanremo, Tirreno, Paesi Baschi e classiche del nord. Nel programma ho anche il Giro d’Italia, ma sinceramente sarei più predisposto per il Tour de France. Vedremo più avanti nel corso dell’anno con la squadra il da farsi. Nel frattempo mi concentro sulla prima parte di stagione».

Come ti stai preparando all’anno nuovo?
«Quest’inverno ho “mollato” poco, essendo stato fermo due mesi in estate. Al rientro dalla Cina non ho quasi mai spesso di andare in bici, stando attento al peso, non ho esagerato ma diciamo che mi sono mantenuto con un esercizio equilibrato. Magari uscivo tre giorni di fila in bici, poi staccavo per quattro. Da due settimane ho ripreso a uscire tutti i giorni, tempo permettendo, 2 o 3 ore. Da qui in avanti inizierò a fare sul serio con la preparazione: bici, palestra 3 volte a settimana, niente fuoristrada per stressate il meno possibile la spalla».

Quali sono le tue ambizioni?
«Punto soprattutto alle classiche del nord, ma la strada per arrivarci è lunga e anche nel periodo della Tirreno e della Sanremo vorrei andare forte. Al termine del 2015 sarò in scadenza di contratto, gli anni passano ma per altri 3/4 anni penso di poter dire la mia ad alti livelli. Il mio fisico sta alla grande, la voglia di allenarmi non mi manca e i sacrifici non mi pesano, anzi più il tempo passa più ho voglia di pedalare».

Giulia De Maio per tuttobiciweb.it
 
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#10
Nocentini: "Aspetto una chiamata, ma rischio di smettere"
Il 38enne toscano è stato l’ultimo italiano in vetta al Tour prima di Nibali: “L’unica vera possibilità è la Caja-Rural. L’Ag2r mi ha deluso”.

1-12-2015, MILANO — Un altro anno vorrebbe farlo. E a giudicare dai risultati - tra le altre cose, 12° all’Amstel, 12° alla Freccia (miglior italiano), una Vuelta corsa al servizio di Pozzovivo - ci starebbe, eccome. “Sto aspettando una chiamata, l’unica possibilità concreta - spiega Rinaldo Nocentini, 38 anni - è la Caja Rural. Il termine che mi sono dato è fine dicembre. Altrimenti, smetto. Ma mi darebbe fastidio smettere perché, in pratica, lo hanno deciso gli altri”.
PARABOLA — Fuoriclasse, no. Campione, neppure. Ottimo corridore, senz’altro. Bronzo iridato juniores 1995, argento Under 23 nel 1998, Nocentini è professionista dal 1999 e ha corso per Mapei, Fassa Bortolo, Pinzolo Fiavé, Acqua e Sapone. Dal 2007 è all’Ag2r: complessivamente 17 stagioni da pro’ e 14 vittorie, l’onore della maglia azzurra e soprattutto l’apice della maglia gialla del Tour de France, vestita per 8 giorni nel 2009, ultimo italiano a farlo prima di Vincenzo Nibali. E qualche incidente serio, vedi la frattura di tibia e perone al Gp Insubria nel 2010.
CONTRATTO — Rinaldo è stato a Tenerife e sta continuando ad allenarsi con coscienza. “L’unico contatto vero è stato con la Caja Rural. Se avessero la garanzia di fare qualche gara importante del calendario italiano, mi prenderebbero. Purtroppo non è mi è piaciuto il modo di comportarsi dell’Ag2r, siamo stati assieme per 9 anni e mi hanno fatto sapere troppo tardi che non mi avrebbero confermato. Avrei gradito più chiarezza. Eppure sono stato professionista fino all'ultimo, fino alla Vuelta in cui mi sono messo al servizio di Pozzovivo rinunciando a mettermi in mostra, come pure mi sarebbe servito per trovare nuove opportunità. Con altri team è stato sempre un sentire ‘Non ci sono soldi’, ma nessuno mi ha mai fatto neppure un’offerta concreta. Devo dire che Gianni Savio, dell'Androni, si è comportato bene. Mi ha detto ‘Noce, ti prenderei subito, ma ti potrei offrire solo il minimo di stipendio e non mi sembra giusto per uno come te’. Insomma, se non si concretizzasse niente mi organizzerei per fare qualcos’altro ma mi dispiacerebbe, perché vorrei essere io a decidere quando smettere e un altro anno mi sentirei di farlo”.

Ciro Scognamiglio - gazzetta.it
 
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#11

Scusate la mia assenza... A breve vi racconterò i miei nuovi programmi ... Volevo rassicurare chi ogni giorno mi chiede...

Posted by Rinaldo Nocentini on Mercoledì 16 dicembre 2015
 
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#12
Nocentini: «Il Portogallo è un altro mondo»
Rinaldo, quarto all’ultima Volta a Portugal, racconta la propria esperienza alla Sporting-Tavira

In Europa c’è un posto in cui il ciclismo viene vissuto in maniera molto diversa rispetto a quanto siamo abituati in luoghi più tradizionali come Italia, Francia, Belgio e Spagna: stiamo parlando del Portogallo dove le squadre portano i nomi dei club calcistici più blasonati del paese conosciuti in tutto il mondo ma anche dove nel corso degli anni si è andato a creare un movimento attivo e seguito, ma al tempo stesso anche molto chiuso in sé stesso. Il mese di agosto è tradizionalmente quello il cui si disputa la gara più sentita del paese, la Volta a Portugal che quest’anno ha toccato la sua 79esima edizione.

La corsa è stata dominata in lungo ed in largo dai corridori della W52-FC Porto con lo spagnolo Raúl Alarcón ed il portoghese Amaro Antunes in prima e seconda posizione in classifica generale: chi l’ha seguita non può non essersi fatto in qualche modo coinvolgere da una corsa quasi sempre battaglia e divertente, ma capace di offrire anche prestazioni notevolissime (forse troppo?) a livello atletico. Tra i protagonisti c’era anche un italiano, l’aretino Rinaldo Nocentini, che l’anno scorso a 38 anni compiuti e dopo 19 stagioni stagioni da professionista di cui le ultime nove in una formazione World Tour come l’AG2R si è lanciato alla scoperta di questo mondo sconosciuto ma gli ha riservato piacevolissime sorprese.

Retrocedere in questa squadra di categoria Continental come la Sporting-Tavira significa dire addio alla possibilità di correre i grandi giri o qualsiasi altra gara nel calendario World Tour e significa anche sparire dai radar di chi si interessa poco a queste realtà minori: quest’anno alla sua seconda stagione con i Leões, i leoni, l’ormai quasi 40enne Rinaldo Nocentini stato sempre presenti ai piani alti di tutte le corse del calendario portoghese, ma soprattutto si è riuscito a mettere in luce con il terzo posto al Campionato Nazionale di Ivrea; alle spalle di Fabio Aru c’era anche lui a battagliare con gente del calibro di Diego Ulissi, Gianni Moscon e Damiano Caruso. Alla recente Volta a Portugal, il Noce ha poi confermato che la gamba gira ancora più che bene: quarto posto assoluto e otto tappe su undici nei primi 10. Ecco cosa ci racconta lui di questa esperienza.

Soddisfatto di come hai concluso la Volta a Portugal?
«Dal punto di vista della prestazione personale sicuramente sì, poi è normale che ad una corsa cerco di partire per provare a vincere: ma un quarto posto in classifica non è assolutamente un risultato da buttare via, soprattutto alla mia età e poi considerando anche che era solo la mia seconda partecipazione alla Volta. Certo, nell’ultima cronometro speravo di poter conquistare il podio, ma posso comunque ritenermi molto soddisfatto».

Ha partecipato a svariati Giri, Tour e Vuelte, per la tua lunghissima esperienza come era il livello in salita di questa Volta?
«Lasciando stare i grandi campioni come Alberto Contador, posso dire che qui il livello era davvero alto: nel tappone decisivo i due la davanti non sono andati forte, di più! Erano davvero fuori portata per tutti, basta pensare che hanno scollinato con poco più di un minuto e sono arrivati con cinque minuti dopo 80 chilometri di fuga: il mio compagno di squadra Marque ha tirato ma non guadagnavamo, poi ho parlato Vicente [García de Mateos, ndr] con cui mi giocavo il podio e ci siamo detti di provarci noi in prima persona su un tratto in salita, ma nonostante tutto abbiamo perso altri 50″. Poi nel finale ci siamo un po’ guardati più che altro per non farci staccare dagli altri, ma davanti sono andati davvero fortissimo».

La tua stagione è terminata con la Volta o ci sono ancora altri impegni? Sappiamo che sei terzo nel ranking annuale portoghese…
«Di fatto si può dire che la mia stagione vera si sia conclusa martedì. Sì, nella classifica portoghese di ciclista dell’anno adesso sono in terza posizione, ma quello non è un obiettivo. Qui nel calendario nazionale ci sono ancora tre o quattro corse diciamo minori a cui parteciperò con la mia squadra, ma correrò tranquillo e senza l’assillo di dover cercare il risultato a tutti costi».

Torniamo indietro all’anno scorso, come è nato il contatto che ti ha portato a correre in Portogallo?
«Avevo alcuni contatti in ballo ma poi per un motivo o per un altro tutti sono falliti. Così tramite il mio procurato Carera è nata questa possibilità: non avevo assolutamente idea di ciò che mi avrebbe aspettato, ma mi sono detto “proviamo per un anno e poi vediamo”; adesso devo dire che mi sto trovando molto bene qui allo Sporting-Tavira, è un altro ciclismo, un mondo un po’ a parte ma c’è meno stress e con alle spalle una lunga carriera come la mia non è male».

Appena arrivato ti sei ritrovato a fare la presentazione della squadra dentro un stadio, nell’intervallo di un big match di campionato davanti a quasi 50000 persone
«Come detto questo è davvero un mondo a parte, tutto nuovo per me, cose a cui non ero abituato anche correndo in una squadra World Tour. Qui c’è un tifo che ti rende davvero contento di correre, alla Volta a Portugal c’è gente come al Giro d’Italia».

Il fatto che le squadre di calcio più famose del paese abbiano anche la loro squadra di ciclismo aiuta ad avvicinare alle cose anche gente che magari non è necessariamente appassionata delle due ruote?
«È proprio così! Qui la gente tifa per la squadra e per i colori che portiamo: alle corse c’è tantissima gente che viene con le sciarpe o con le maglie della squadra di calcio e magari viene lì anche solo per dirti “Sono Sportinguista!”, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, da noi è impensabile».

E tra le squadre si sente un po’ di rivalità trasmessa dal calcio?
«La rivalità c’è, ad esempio tra noi dello Sporting ed il Porto si sente. Magari io essendo italiano e venendo da una realtà diversa la sento meno di altri, ma comunque c’è e si vede chiaramente, anche tra i tifosi».

A livello di organizzazione di squadra che ambiente hai trovato? Con la tua esperienza hai dato consigli per migliorare certi aspetti?
«Da quello che vedo qui nell’ambiente portoghese ci sono poche squadre come la Sporting-Tavira. Addirittura come vestiario ho quasi più materiale di quanto correvo nel World Tour, poi ho tre biciclette da strada e una cronometro, la squadra è strutturata molto bene con il bus e tutti i vari mezzi: secondo me l’organizzazione è paragonabile a quella di una squadra Professional. Poi l’anno scorso il direttore sportivo, che è anche il team manager, è stato molto bravo ed a volte era direttamente lui a chiedermi consigli od a invitarmi a parlare se c’era qualcosa che non andava: su alcuni aspetti siamo intervenuti, ad esempio per la Volta a Portugal abbiamo fatto maglie più leggere visto che durante la corsa nel mese di agosto è facile trovare temperature anche di 40 gradi».

E in prossimo anno ti vedremo ancora in gruppo con la maglia biancoverde della Sporting-Tavira: c’erano offerte per tornare in Italia?
«Almeno per un altro anno correrò qui in Portogallo: qui è tutto diverso, mi diverto, sto bene, mi sento come se avessi 28-29 anni ed in più faccio anche risultati. Ammetto che dopo il podio al Campionato Nazionale a giugno speravo arrivasse qualche contatto per tornare a correre in Italia, ma non c’è stato nulla. Comunque qui sono contento ed in un ambiente più tranquillo i sacrifici si fanno anche più volentieri».

L’obiettivo sarà sempre la Volta a Portugal?
«Sicuramente, è l’obiettivo di tutti in Portogallo: ci sono diverse gare in calendario, ma tutto ruota attorno alla Volta. L’anno scorso conoscevo pochissimo la corsa e dovevo prendere le misure, quest’anno già è andata molto meglio anche se quei due erano inarrivabili. Per la nostra squadra comunque è molto importante anche la Volta ao Algarve perché è praticamente la nostra corsa di casa: il Club Tavira, a cui si è unito lo Sporting, è proprio di questa regione e la squadra ci tiene molto a fare bene. È anche per questo motivo che affronterò questo fine stagione con più tranquillità: a febbraio voglio partire subito forte in Algarve e poi avanti sulla falsariga di quest’anno».

Per ritrovare un italiano sul podio della Volta a Portugal dobbiamo tornare indietro al 1998 quando Marco Serpellini vinse e Wladimir Belli finì terzo: nelle ultime 12 edizioni invece sono saliti sul podio finale solo corridori portoghesi o spagnoli, chissà quindi che il prossimo anno a spezzare il tabù non sia un ragazzo aretino che a 40 anni si sente ancora un ragazzo e ha ritrovato proprio in Portogallo stimoli e motivazioni per continuare a fare fatica.

Sebastiano Cipriani per cicloweb.it
http://www.cicloweb.it/2017/08/19/rinald...ntervista/
 
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