05-05-2022, 08:36 AM
In una situazione normale e senza una precisa dimensione temporale, direi: "Meglio un Real rattrappito, che un Manchester alle stelle; meglio un rutto di Ancelotti che un Guardiola al top di sè!".
Il guardiolismo è la noia del calcio, è l'uccisione del talento istintivo, ovvero la parte suprema delle qualità possibili, è l'espressione, alla lunga, agonisticamente più perforabile che possa esistere. Un calcio fondato sul possesso palla, bilioni di passaggi e tiri in porta pari al numero dei giocatori di un maraffone, è spreco, spreco atletico (che pagherai prima o poi) è atrofizzazione delle essenze vere del calcio. Guardiola è lo stereotipo dell'allenatore sportivo che crede di aver inventato un prodotto costruibile a catena di montaggio. Proprio come il mostruoso Bollettieri nel tennis, una disciplina che essendo direttamente individuale, vide il miglior giocatore della scuola dell'infausto Nick, tal Andrè Agassi, non vincere un celeberrimo cacchio di slam. E quando l'Andreino ancora cappellone lasciò quel maestro appoggiandosi al giudicato "sanguigno e rozzo" Brian Gottfried, cominciò ad essere un campione da slam. Guardiola dopo l'esperienza della novità Barcellona, togliendo i campionati dove s'è sempre presentato con le squadre decisamente più forti, cavolo ha vinto in Europa? Sono dieci anni che ci prova eppure fa fiasco sempre!
Ancelotti ha vinto tutto e più volte, eppure qualcuno, per il brutto paese che sarebbe bellissimo se ci fossero giornalisti veri e densi di palle (nonché politici un pelo sopra il livello della merda), è un allenatore col buco del culo più largo del lago di Bracciano, o, addirittura, “un maiale che non può allenare”.
Il Big è Carlo, altroché!
E dire che lo stesso Barcellona di Guardiola (che aveva giocatori migliori del City, checché ne dica quel tipo che tira fuori i soldi), tremò non poco trovandosi di fronte colleghi più veri, dalla cultura più varia e con giocatori, magari più disponibili ad uscire dai ranghi miopi di un dogma. L’Inter di Mourinho, ammazzò il Barcellona guardiolistico perché Mou e taluni giocatori interisti, possedevano il punch dell’improvvisazione e sapevano che il guardiolismo è spesso solo una geometria fatua. Un gioco che va fatto sfogare e poi “punturarlo” con l’anarchia del talento. E l’Estudiantes del povero Sabella? (Uno bravo che sapeva vincere con poco e che è il vincitore morale con l’Argentina del Mondiale 2014 se, due volte “I Guai”, Palacio e Messi avessero visto la porta: in fondo la sponsorizzata Germania che teneva più palla, fece il primo ed unico tiro in porta, al minuto 118 di gioco!)? L’Estudiantes di Sabella, intero, valeva si e no Valdir Perez (il più scarso del Barcellona); il giocatore diamante dei biancorossi era Sebastian Veron, un ex grande a fine carriera e per di più acciaccato. Boselli, il centravanti, che Peruzzo ricorderà per una breve apparizione nel Genoa (oggi gioca in Paraguay), portò in vantaggio l’Estudiantes con un gol di testa, da prendere come centesimo esempio di come Guardiola non sia mai riuscito a sistemare la difesa con la sicurezza necessaria. La partita andò avanti col Barcellona ed i suoi bilioni di passaggi e pochi tiri, senza un pallone nel sacco. Poi al 44’ del secondo tempo il liscio di Rodriguez (una sorta di simil Radu), consenti il pareggio alla squadra di Guardiola. Lì la partita finì, anche se il gol della vittoria bleugrana con un petto di Messi, arrivò nel secondo tempo supplementare.
Insomma, son contento che Ancelotti sia in finale. Qui troverà la squadra più forte del campionato più gonfiato (in tutti i sensi) del mondo, il Liverpool. I reds sono la mia formazione preferita nel paese dei sudditi, ed hanno l’unico giocatore inglese di talento vero e non gonfiato da feccia-tabloid degli ultimi anni: Alexander Arnold. Anche i reds hanno un allenatore decisamente migliore di Guardiola, Klop. Tra l’altro il tedesco è pure simpatico.
In quanto a Pep, se vorrà essere più vicino a quei titoli sportivi vinti col Barcellona e lasciare la Coppa del Nonno degli osanna dei giornalisti, impari a capire e rispettare quelle che erano le essenze del suo miglior amico, un fuoriclasse vero: Manuel Estiarte!
Il guardiolismo è la noia del calcio, è l'uccisione del talento istintivo, ovvero la parte suprema delle qualità possibili, è l'espressione, alla lunga, agonisticamente più perforabile che possa esistere. Un calcio fondato sul possesso palla, bilioni di passaggi e tiri in porta pari al numero dei giocatori di un maraffone, è spreco, spreco atletico (che pagherai prima o poi) è atrofizzazione delle essenze vere del calcio. Guardiola è lo stereotipo dell'allenatore sportivo che crede di aver inventato un prodotto costruibile a catena di montaggio. Proprio come il mostruoso Bollettieri nel tennis, una disciplina che essendo direttamente individuale, vide il miglior giocatore della scuola dell'infausto Nick, tal Andrè Agassi, non vincere un celeberrimo cacchio di slam. E quando l'Andreino ancora cappellone lasciò quel maestro appoggiandosi al giudicato "sanguigno e rozzo" Brian Gottfried, cominciò ad essere un campione da slam. Guardiola dopo l'esperienza della novità Barcellona, togliendo i campionati dove s'è sempre presentato con le squadre decisamente più forti, cavolo ha vinto in Europa? Sono dieci anni che ci prova eppure fa fiasco sempre!
Ancelotti ha vinto tutto e più volte, eppure qualcuno, per il brutto paese che sarebbe bellissimo se ci fossero giornalisti veri e densi di palle (nonché politici un pelo sopra il livello della merda), è un allenatore col buco del culo più largo del lago di Bracciano, o, addirittura, “un maiale che non può allenare”.
Il Big è Carlo, altroché!
E dire che lo stesso Barcellona di Guardiola (che aveva giocatori migliori del City, checché ne dica quel tipo che tira fuori i soldi), tremò non poco trovandosi di fronte colleghi più veri, dalla cultura più varia e con giocatori, magari più disponibili ad uscire dai ranghi miopi di un dogma. L’Inter di Mourinho, ammazzò il Barcellona guardiolistico perché Mou e taluni giocatori interisti, possedevano il punch dell’improvvisazione e sapevano che il guardiolismo è spesso solo una geometria fatua. Un gioco che va fatto sfogare e poi “punturarlo” con l’anarchia del talento. E l’Estudiantes del povero Sabella? (Uno bravo che sapeva vincere con poco e che è il vincitore morale con l’Argentina del Mondiale 2014 se, due volte “I Guai”, Palacio e Messi avessero visto la porta: in fondo la sponsorizzata Germania che teneva più palla, fece il primo ed unico tiro in porta, al minuto 118 di gioco!)? L’Estudiantes di Sabella, intero, valeva si e no Valdir Perez (il più scarso del Barcellona); il giocatore diamante dei biancorossi era Sebastian Veron, un ex grande a fine carriera e per di più acciaccato. Boselli, il centravanti, che Peruzzo ricorderà per una breve apparizione nel Genoa (oggi gioca in Paraguay), portò in vantaggio l’Estudiantes con un gol di testa, da prendere come centesimo esempio di come Guardiola non sia mai riuscito a sistemare la difesa con la sicurezza necessaria. La partita andò avanti col Barcellona ed i suoi bilioni di passaggi e pochi tiri, senza un pallone nel sacco. Poi al 44’ del secondo tempo il liscio di Rodriguez (una sorta di simil Radu), consenti il pareggio alla squadra di Guardiola. Lì la partita finì, anche se il gol della vittoria bleugrana con un petto di Messi, arrivò nel secondo tempo supplementare.
Insomma, son contento che Ancelotti sia in finale. Qui troverà la squadra più forte del campionato più gonfiato (in tutti i sensi) del mondo, il Liverpool. I reds sono la mia formazione preferita nel paese dei sudditi, ed hanno l’unico giocatore inglese di talento vero e non gonfiato da feccia-tabloid degli ultimi anni: Alexander Arnold. Anche i reds hanno un allenatore decisamente migliore di Guardiola, Klop. Tra l’altro il tedesco è pure simpatico.
In quanto a Pep, se vorrà essere più vicino a quei titoli sportivi vinti col Barcellona e lasciare la Coppa del Nonno degli osanna dei giornalisti, impari a capire e rispettare quelle che erano le essenze del suo miglior amico, un fuoriclasse vero: Manuel Estiarte!