Parigi - Roubaix 1999: la Mapei ha già in avanscoperta Tom Steels nel gruppo dei primi fuggitivi, ad Arenberg si scatena
Andrea Tafi mentre i vari Tchmil, Van Petegem, Ballerini rimangono in gruppo con un certo Museeuw a fare da "guardiano" ma la corsa è esplosa e mancano ancora quasi 100km. Con Tafi oltre a uno straordinario Steels c'è un altrettanto superlativo Wilfried Peeters, sugli attacchi a ripetizione del toscano il gruppo di testa si assottiglia sempre di più, mentre il vantaggio sul gruppone aumenta; il sogno di vincere finalmente la Parigi - Roubaix dopo un terzo e un secondo posto per Andrea Tafi sembra svanire quando fora in un settore di pavé, ma vede un tizio a bordo strada con le ruote in mano si ferma e cambia al volo (si scoprirà che era un addetto al cambio ruote che avvisato da Lefevere era andato avanti con la moto), rientra e scatta subito, ripreso scatta subito ancora (per la sesta, settima volta) e stavolta quando mancano 35km al traguardo se ne va, vano l'inseguimento di Hincapie, Vandenbroucke, Van Bon e Jo Planckaert con Steels e Peeters a fare da disturbatori. Tafi si alza sui pedali nei tratti in asfalto e vola sulle pietre come se fosse in sella da dieci minuti, il vantaggio aumenta, uno-due-tre minuti sugli inseguitori sui quali il gruppo guadagna, ma non guadagna sul battistrada in maglia tricolore, l'ingresso al velodromo di Roubaix è salutato da un boato degno di un gol di Zidane, l'arrivo in solitaria è un vero e proprio giro d'onore con il coro assordante "TA-FÌ-TA-FÌ" intonato dal pubblico francese verso un atleta in maglia di campione italiano, coro che si ripeterà negli anni successivi anche quando Tafi arriverà lontano dai primi, qualcosa che si vede solo in uno sport come il ciclismo, e che mi dà i brividi se ci penso ancora oggi.
Oltre a quella che sicuramente è la corsa che mi ha emozionato di più ce ne sono altre che vale la pena menzionare, ovviamente parto dalle vittorie di
Gianni Bugno, il primo Giro di cui ho memoria è quello del 1989 ma il primo che ho seguito per intero è quello del 1990 con Bugno in maglia rosa dalla prima all'ultima tappa, ma ero ancora piccolo e i ricordi sono molto labili, stesso discorso per quanto riguarda la Sanremo, le vittorie all'Alpe d'Huez e il mondiale di Stoccarda, la prima vera grande vittoria che ricordo mi ha veramente emozionato è il mondiale di
Benidorm 1992. Bugno veniva da una stagione non proprio entusiasmante, il terzo posto al Tour conquistato dopo una gran cronometro finale aveva rappresentato una più che sonora sconfitta, e non partiva per quel mondiale con i favori del pronostico, la corsa penso abbiate avuto modo di vedere come è andata viste le tante riproposizioni su Raisport 2, con quattro francesi nel gruppo di testa tra cui Laurent Jalabert che all'epoca era a tutti gli effetti un velocista, e il solo Giancarlo Perini a supportare Bugno con un lavoro mostruoso tanto da valergli il soprannome di "duca di Benidorm", la volata di Bugno è una progressione irresistible che lo porta a vincere il secondo mondiale consecutivo, quello ha rappresentato il momento in cui mi son reso conto che adoravo questo sport.
E poi il
Giro delle Fiandre 1994 con quell'attesa interminabile per quel viziaccio di alzare le mani troppo presto come a Stoccarda, ricordo che ero sicuro del risultato ma quel verdetto arrivò come una liberazione dopo un anno e più avaro di gioie. Il ciclismo però stava cambiando e anche Bugno non era più lo stesso di qualche anno addietro, sarebbero arrivati altri lampi di classe come la tappa di Loreto Aprutino al Giro quello stesso anno, il secondo posto alla Liegi nel '95 dietro quella pereta di Gianetti, il Giro del 1996 dove vinse una tappa ad Aosta (pochi giorni dopo la tappa di Napoli dove un quattordicenne magrolino correva a fianco del suo idolo subito dopo il traguardo senza capire molto altro di cosa gli stava succedendo intorno) e soprattutto si rese protagonista di una gran bella prova nella tappa del Pordoi, poi un bel Giro di Svizzera e una tappa alla Vuelta, fino all'ultima vittoria alla Vuelta nel 1998 con una bellissima azione solitaria prima di chiudere la carriera al Giro di Lombardia e diventare un elicotterista.
Ancora
Giro delle Fiandre, questa volta parliamo di
Michele Bartoli, di cui ero diventato tifoso dopo la tappa di Lienz al Giro nel 94 con quella discesa folle a 100km/h, ne parlavano come il più fiammingo dei corridori italiani e in quel 1996 se ne ebbe la riprova con quel famosissimo scatto sul muro di Grammont (perché all'epoca così lo chiamavano tutti, altro che Kapelmuur...), quando si parla di "numero" nel ciclismo la prima cosa che mi balza alla mente è quel gesto. E sempre parlando di Bartoli ovviamente non posso non citare la
Liegi-Bastogne-Liegi 1997, quando mise nel sacco Laurent Jalabert e Alex Zülle, l'impresa sotto la neve alla
Freccia Vallone 1999 e il
Giro di Lombardia 2002 che rappresentato il ritorno a una grande vittoria dopo che gli infortuni sembravano avergli compromesso definitivamente la possibilità di conquistare altri successi prestigiosi.
Torniamo ad
Andrea Tafi, conosceva un solo modo per vincere ed era quello più spettacolare di tutti, attaccando da lontano una, due, tre, infinite volte finché non restava da solo e a quel punto nessuno più era in grado di riprenderlo, è stato così al
Giro di Lombardia 1996, è stato così alla
Parigi - Tours 2000 quando si prese una rivincita morale su Antonio Fusi che non lo aveva convocato per i campionati del mondo ed è stato così in quella che io considero ad oggi la corsa più bella che abbia mai visto, parlo naturalmente del
Giro delle Fiandre 2002: alla soglia dei 36 anni non parte tra i favoriti Andrea Tafi, ma già dai primi muri si capisce che questo simpatico giocherellone delle due ruote ancora non ha sparato le ultime cartucce della sua splendida carriera di grandissimo campione oltre che di impareggiabile gregario. E così Koppenberg, Taaienberg, Berendries, chi più ne ha più ne metta, Tafi scavalca i muri con grande freschezza e poi puntualmente prova i suoi celebri attacchi all'apparenza scriteriati ma che quando sta bene fanno male soltanto agli altri che devono andare a chiudere. Dopo il grande lavoro del compagno di squadra Enrico Cassani c'è l'attacco di Johan Museeuw ai piedi del Kapelmuur (ormai avevamo imparato a chiamarlo così), con Hincapie, Van Petegem e Nardello pronti a rispondere. Mollano Cassani, Sørensen e Missaglia, anche Tafi sembra non farcela, maddeché! Ecco che si riporta sotto e balza in testa, aggredisce il muro in prima posizione e poi mantiene un passo regolare lasciandosi sfilare insieme a Nardello sul forcing di Van Petegem nel tratto più duro seguito Hincapie a ruota e Museeuw leggermente più dietro. I due Mapei riguadagnano agevolmente quei pochi metri che avevano lasciato e sono cinque a giocarsi la corsa. Infruttuoso l'attacco di Museeuw sul Bosberg, l'azione più temibile arriva dal clamoroso dietro-moto di Peter Van Petegem, che scortato da uno sciame di fotografi prova ad andarsene a 8km dall'arrivo. Ma non ci sono motociclette che tengono, Nardello chiude e Tafi che grazie al superbo lavoro del compagno di squadra aveva potuto rifiatare a quattro chilometri dall'arrivo di Meerbeke piazza l'ennesimo scatto, sembra tutt'altro che irresistible, guadagna cinquanta metri, ma gli altri hanno ormai finito la benzina sfiancati da una corsa durissima e i cinquanta metri diventano cento, centocinquanta, duecento, aumentano sempre di più mentre diminuisce la distanza dal traguardo, e a Meerbeke arriva l'ultimo, grande, bellissimo successo di uno dei ciclisti più forti degli ultimi venti anni, amato dagli appassionati e rispettato dagli avversari, lavoratore come pochi e campione come ancora meno.
Sicuramente si avvicina molto ad Andrea Tafi caratterialmente parlando
Paolo Bettini, in questo senso l'esempio più lampante è la
Milano-Sanremo 2003, che non per niente ritengo la seconda corsa più bella che abbia mai visto, poi il moccolone tirato giù in via Roma dà al tutto un sapore ancora più particolare. Molto toccante l'arrivo del
Lombardia 2006, ma senza dubbio la vittoria del Grillo a cui sono maggiormente legato è il mondiale di
Salisburgo dello stesso anno, la sera predecente ero andato a una festa sul lago di Como, o forse era un fiume, boh, ricordo che c'era dell'acqua, e ricordo che c'era del vino, e del rum, finché non ho smesso di far caso a quello che bevevo, però ricordo una bottiglia di limoncello caldo che avevo preso da un tavolino e che andavo in giro ad offrire a chi capitava, finché non ho beccato un tizio che mi ha detto che il limoncello era il suo, e che si pagava, allora gli ho detto vabbè non lo sapevo, gli ho dato un euro e mi son bevuto un bicchiere, ma intanto la bottiglia era pure quasi finita e faceva anche schifo. Poi ricordo che c'erano dei materassi, che si zompava sopra mentre quello metteva tipo i System of a Down o qualche altro gruppo NU Metal del cavolo (dove NU sta per Nettezza Urbana perché quella musica è una munnezza), poi c'era una che io gli ho detto che ero di Udine e ho fatto un accento strano però quella ci credeva, poi ci ho mezzo provato credo ma mi ha dato il palo, ho ancora la pallina del biliardino con cui giocavamo conservata nel sacchetto della festa delle Cantine della settimana prima o di quella dopo non mi ricordo, ho rubato una felpa della crocerossa e l'ho regalata a una quando son tornato a casa mentre Salvo mi aveva offerto 10€ per dargliela quando siamo andati a casa di Max a mangiare gli spaghetti alla carbonara (fatti col salame
) mentre quelli vedevano i video dei Queen e io ho perso il portafogli, poi alla mattina sono andato a dormire a casa dell'amico mio a Lecco e mentre questo dormiva mi sono svegliato e ho visto tutta la corsa con una capa tanta per tutta la roba che avevo bevuto, quando ha vinto Bettini ho cacciato un urlo che quello si è svegliato è ha detto ma che è? e io ho detto niente, poi ha chiamato papà per dirmi "Hai visto, ha vinto Bettini" roba che lui dopo Pantani non ha più visto una corsa di ciclismo poi ho chiamato Max che ha detto che ha trovato il portafogli e sono andato a prenderlo poi ho preso il treno e sono tornato a Milano.
Ovviamente non posso non citare l'impresa di
Marco Pantani a Les Deux Alpes nel 1998, il Tour de France rivoltato con un'azione che sembrava folle, e probabilmente lo era, quel giorno tutto il mondo era ai piedi del Pirata, per strada non si parlava d'altro, immagini che rimangono stampate nella mente di chi le ha viste e voi altri che siete più giovani
Infine un ricordo particolare, nel 2001 ero in vacanza in Calabria e su Rai 3 c'era il
Gran Premio di Camaiore, la telecronaca l'avevano affidata ad
Adriano De Zan, la storia del ciclismo in tv, la voce narrante di tante corse fin dalla mia infanzia e molto prima ancora, non lo si sentiva più tanto spesso e quella fu per me una più gradita sorpresa. La corsa la vinse Bartoli, ma quello che la rende meritevole di nota è che poche settimane dopo Adriano De Zan si sarebbe spento, e il mio pensiero a quella notizia andò subito a quella telecronaca, a una persona che a così pochi giorni dalla fine ha continuato a fare quello che amava e quello per cui era amata, con i suoi aneddoti, gli elenchi infiniti di ciclisti dai nomi impossibili senza quasi prendere fiato, la compostezza anche nell'entusiasmo di un avvenimento esaltante, le interviste acrobatiche, e soprattutto la grandissima competenza, e ancora adesso quando vedo qualche video del passato con le sue telecronache mi viene in mente quel giorno di agosto quando accesi la tv e udii quell'inconfondibile "Gentili signore e signori, buongiorno"