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Filippo Pozzato
#81
http://pro-store.it/it/pippopozzato

VI era sfuggito questo
 
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#82
A me no Sese Asd
Anzi, il paracollo bianco ero tentato di comprarlo: solo che 15 euro.... Noo
 
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#83
Pozzato: «Ho tanta voglia di correre a Baku e il Tour...»
Ho saltato il Giro, spero di disputare la Grande Boucle

Pippo Pozzato è in ritiro a Marostica (Vi) con gli altri azzurri che parteciperanno alla prova in linea dei Giochi Olimpici Europei e giovedì partiranno da Milano Malpensa per raggiungere Baku dove sono già arrivati nei giorni scorsi Manuele Boaro e Dario Cataldo, che domani parteciperanno alla prova a cronometro. Il vicentino della Lampre Merida ci racconta com’è il clima del collegiale azzurro riunito all’Hotel La Rosina in vista dell’importare appuntamento.
Come stai? «Sono stato lontano dalle corse per due mesi, ma mi sento bene. Dopo la Parigi-Roubaix non ho più corso fino al Delfinato, una corsa dura da cui però sono uscito in crescendo. Mi sono allenato bene perché ero d’accordo con Cassani di farmi trovare pronto per quest’occasione, io per andare forte sono uno che ha bisogno di correre tanto ma le sensazioni di questi ultimi giorni sono buone e il gruppo è affiatato».

Cosa ci possiamo aspettare da questo Europeo? «Abbiamo due uomini veloci e in forma come Viviani e Nizzolo che possono far bene, ma molto dipenderà da come si metterà la corsa. Ho sentito Marco Aurelio Fontana che sabato scorso ha difeso i colori dell’Italia nella gara di cross country e mi ha detto che nella zona in cui si svolge la corsa soffia sempre tanto vento, ci aspettano 215 km che saranno difficili da gestire, soprattuto perché le squadre sono composte da solo 6 atleti. La nostra è una bella selezione, ben fatta, pronta a tutto. Oltre ai due velocisti, ci sono io che se entro in una fuga posso essere pericoloso per gli avversari e tre uomini a cui il vento in faccia non fa assolutamente paura, Vanotti, Cataldo e Boaro sono l’affidabilità fatta a persona».

In questi giorni come vi state allenando? «Con Marco Velo ieri abbiamo svolto lavori specifici, ognuno il suo, in base alla preparazione fatta fin qui. Io e Viviani ci siamo concentrati sulle partenze da fermo, Nizzolo ha lavorato più in salita, Vanotti ha fatto scarico perché avendo portato a termine il Delfinato ha da recuperare un attimo le forze. Abbiamo preso un po’ d’acqua, ma siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati. Oggi svolgeremo l’ultima distanza prima della corsa e una volta là ci aspettano le ultime uscite di rifinitura».

Come rivali chi dobbiamo temere? «Il Belgio penso sia la nazionale più forte. Boonen arriva a Baku davvero in forma, ha corso con intelligenza il Giro, poi in Belgio e nei giorni scorsi ha vinto la Rund Um Koln in Germania. Non ho capito se corre Greg Van Avermaet, nel caso sarà un cliente ancora più temibile. La nostra tattica? La deciderà Davide, nel parleremo in Azerbagian. Io sono a disposizione per svolgere qualsiasi ruolo mi verrà affidato, sapete quanto tengo alla maglia azzurra».

Poi ti vedremo al Tour de France… «Non ho ricevuto ancora la convocazione ufficiale dalla squadra, ma spero proprio di essere al via della Grande Boucle. Non avendo partecipato al Giro d’Italia ho proprio voglia di correre, se non sarà in Francia sarà in Cina o dove vorrà mandarmi il team. Prima di sicuro disputerò il Campionato Italiano. Come detto per me l’importante è correre, se poi ho la possibilità di gareggiare sui palcoscenici più importanti ancora meglio».

Giulia De Maio per tuttobiciweb.it
 
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#84
Pozzato, sì alla Southeast: "Parlare? No, ora devo pedalare"
Il vicentino ha firmato un accordo biennale: "Le ultime due stagioni sono andate male, non faccio proclami. Ma sono motivatissimo"

Mancava solo una cosa, che però era anche la più importante: l'ufficialità. Adesso c'è, per bocca del diretto interessato: "Sì, ho firmato per due stagioni con la Southeast", dice Filippo Pozzato. Per il 34enne vicentino si chiude così l'esperienza triennale - fatta più di ombre che di luci - con la Lampre-Merida e comincia una nuova avventura. Ma se vi aspettate proclami roboanti, buoni propositi o dichiarazioni a effetto, non tira quest'aria. "Devo pensare a pedalare, più che a parlare - dice l'ultimo vincitore italiano della Milano-Sanremo (2006) -. Le ultime due stagioni sono andate male, ma se pensassi di non poter più essere competitivo avrei serenamente smesso di correre e cominciato a fare altro. Invece sono qui, e motivato forse come mai prima. Però sono ragionamenti che preferisco portarmi dentro. Conteranno i fatti, nient'altro. Giusto così".

PARABOLA — Il modo in cui si è chiuso il rapporto con la Lampre-Merida è stato quasi simbolico: la caduta di inizio settembre al Gp Fourmies, con annessa frattura di una clavicola, è stata l'ultima corsa di Pozzato con i blufucsia. La prima annata, il 2013, era stata discreta (3 successi, con il Gp di Plouay che resta la sua ultima vittoria), ma poi i risultati non sono arrivati e non è un mistero che con la squadra la situazione fosse quella del tipo "separati in casa". "Ho sentito che Saronni (il general manager ne ha parlato in una intervista alla Gazzetta, ndr) ha detto che ero libero di fare quello che volevo. Mi viene da sorridere, ma preferisco non rispondere, almeno adesso". In un certo senso, quello alla Southeast è una sorta di ritorno perché nel 2012 con il gruppo di Angelo Citracca e Luca Scinto (allora si chiamava Farnese) Pozzato fu protagonista di un grande Giro di Fiandre, concluso al secondo posto alle spalle di Tom Boonen.

PROSPETTIVE — "Un passo indietro tornare in una Professional? Non penso - spiega il vicentino -: l'importante è partecipare alle corse che mi interessano e in questo senso siamo molto fiduciosi. Penso che la squadra possa crescere, e molto". La Southeast, da vincitrice della Coppa Italia, è in pole-position per un invito al Giro d'Italia, ha una sostanziale sicurezza di essere al via delle gare del Belgio (Giro delle Fiandre compreso) e spera pure nella Parigi-Roubaix: Pozzato chiuse secondo nel 2009, sempre alle spalle di Tom Boonen. Nello stesso anno, Filippo vinse - in maglia Katusha - il campionato italiano ad Imola e quel giorno dovette ringraziare in modo particolare il compagno Luca Mazzanti. Un rapporto che non è mai venuto meno, al punto che ora il bolognese è diventato anche il nuovo procuratore di Pozzato e confida molto nelle sue possibilità di rilancio.

IMPEGNI — Il 2016 è davvero dietro l'angolo, visto che il vicentino sarà impegnato già dal 7 al 12 gennaio alla Sei Giorni di Rotterdam, in coppia con Jens Mouris, olandese dell'Orica. "Ne ho discusso con il c.t. Marco Villa, andrò ad allenarmi a Montichiari un paio di volte alla settimana, fa bene anche all'attività su strada", dice Pozzato, che aveva parlato con Elia Viviani - l'unico pistard italiano di livello mondiale - a proposito della possibilità di correre una Sei Giorni insieme (ipotesi però difficilmente concretizzabile). E prima di debuttare con i nuovi colori - la maglia sarà presentata a gennaio - Pozzato sarà il capitano della Nazionale in gara al Tour de San Luis, in Argentina, dal 18 al 24 gennaio: poi lo attende la Challenge Maiorca in Spagna, mentre l'inizio italiano è previsto a Donoratico domenica 7 febbraio.

Ciro Scognamiglio (@cirogazzetta) per gazzetta.it
http://www.gazzetta.it/Ciclismo/12-12-20...0479.shtml
 
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#85
Pozzato è un corridore che su strada può vincere pochissime corse, in pratica è competitivo alla Sanremo e poi al Nord fino alla Roubaix (parlo degli anni migliori), nei grandi giri scompare e in salita non esiste. Poi ogni tanto capita un Mondiale favorevole, ma uno ogni tre diciamo. Con questa situazione, la pista poteva essere un'attività complementare molto intelligente, ci sono parecchie specialità in cui sarebbe competitivo uno con le sue caratteristiche e le sue gambe. Non c'è manco da ammazzarsi di lavoro, i pistard non si allenano certo come gli stradisti. Invece se ne accorge a fine carriera
 
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#86
UN FALSO PROFILO DI POZZATO PER POTER CUCCARE
Un profilo facebook anche a nome Franco Trentalange

PROFESSIONISTI | Avrebbe creato falsi profili Facebook e Twitter spacciandosi per il pornostar Franco Trentalance e attraverso questi avrebbe intrattenuto "conversazioni telematiche" con la showgirl Justine Mattera, costringendola poi anche "a proseguire le comunicazioni on line", anche quando lei aveva scoperto l'inganno, con la minaccia di pubblicare le videochat.

Con le accuse di sostituzione di persona e violenza privata un giovane di 25 anni di Messina rischia ora di finire a processo. Per l'uomo, infatti, difeso dal legale Fabio Ingrillì, il pm di Milano Alessandro Gobbis ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio. Inoltre, il giovane si sarebbe anche spacciato per il ciclista Filippo Pozzato per chattare con la scrittrice Irene Cao. Tutti e quattro i vip sono parti offese nel procedimento.

Come si legge nell'imputazione il giovane, Anthony Repici, molto attento, da quanto si è saputo, alle vicende di gossip, attraverso i due falsi profili si sarebbe sostituito, tra il luglio e il novembre del 2012, «illegittimamente alla persona di Trantalance Franco e così induceva in errore Mattera Justine», ex moglie del conduttore Paolo Limiti, «con la quale intratteneva delle conversazioni telematiche attribuendosi l'identità» del noto 'pornodivo'. Il giovane, poi, «minacciando di rendere pubblici i contenuti delle conversazioni» con la showgirl «ritenute compromettenti», avrebbe compiuto «atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la predetta a proseguire le comunicazioni on line».

Tuttavia, non sarebbe riuscito «nell'intento in quanto la stessa, una volta resa edotta della sostituzione di persona, interrompeva i rapporti e si rivolgeva alle forze di polizia denunciando i fatti». Il giovane, inoltre, nel dicembre del 2011 avrebbe creato anche falsi profili Facebook e Twitter «a nome di Pozzato Filippo» oltre che un «falso account e-mail» per sostituirsi «illegittimamente» al noto ciclista e per parlare via chat con Irene Cao, autrice della trilogia erotica «Io ti guardo, Io ti sento, Io ti voglio». Anche in questo caso è poi scattata la denuncia. fonte ansa

tuttobiciweb.it
 
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#87
Prima il tizio che - ai tempi della Katusha - si era spacciato per lui al foglio firma, adesso questo....... tutti Pozzato li attira! Asd
 
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#88
Tra l'altro anche il Riccardo Magrini che si è iscritto sul forum in realtà è un millantatore in cerca di figa Sisi
 
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[+] A 2 utenti piace il post di BidoneJack
#89
Figa non ne abbiamo, però se vuole c'è Gershwin.
 
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#90
Nel corso di un'intervista a Cyclingnews, Filippo Pozzato ha annunciato che nel 2017, alla scadenza del contratto con la Southeast-Venezuela, lascerà il ciclismo pedalato.

Una volta appesa la bici al chiodo, il suo obiettivo sarà quello di diventare team manager di una squadra professionistica, per dare ai suoi corridori ciò che lui non ha avuto in altri team. Ossia dar loro la possibilità di essere professionali nel momento migliore della stagione e della carriera.
 
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#91
Pozzato: «Voglio fare il Real»
«Cercherò di ritornare a vincere e poi lavorerò con i giovani»

[Immagine: showimg.php?cod=98353&resize=10&tp=n]

Pippo Pozzato viene spesso criticato per essere un party boy, un ragazzo superficiale che ama la bella vita e non ha voglia di impegnarsi. In realtà, chi lo conosce sa che dietro a questa facciata c’è un uomo che non ha peli sulla lingua e che al di là delle parole risponde con i fatti concreti. Quest’anno, alla sua diciottesima stagione nella massima categoria, il 35enne di Sandrigo (VI) vuole assolutamente tornare a vincere e iniziare a concretizzare il suo sogno: allestire una squadra tutta sua, rivolta ai giovani talenti del nostro Paese, come la Mapei dei tempi d’oro con cui è passato al professionismo a soli 18 anni nel 2000.
Il 2017 del leader carismatico della Wilier Triestina - Selle Italia è partito dall’Argentina e avrà come fasi salienti la Milano Sanremo e il Giro d’Italia n°100, per il quale il team di Angelo Citracca ha ricevuto l’invito.

«Sarà una stagione importante, per me, perché potrebbe anche essere l’ultima. Il tricolore? Ha ragione Angelo a dire che l’hanno scorso ho dormito un po’ nel finale e che si poteva vincere. Vuol dire che ci riproverò quest’anno a ritrovare la strada della vittoria. Anche se vi confesso che a casa ho esposto una sola foto, quella di Roma Maxima dove ho le braccia al cielo con il Colosseo alle mie spalle, peccato che avesse vinto un altro... Ci scherzo su, ma non sapete quanto mi roda non riuscire a sbloccarmi».

Ciclisticamente sei diventato maggiorenne, è arrivata l’ora di mettere la testa a posto?
«Sinceramente mi sono rotto le balle di ricevere critiche, spesso gratuite. Mi fa sorridere chi mi dice che non ho mai fatto un cavolo nella mia carriera. Di certo avrei potuto raccogliere di più, ma se si guarda il mio palmares si trovano quasi 50 vittorie, tra le quali ne spiccano di importanti. La classifica finale della Tirreno Adriatico 2003, due tappe al Tour de France nel 2004 e nel 2007, la Milano-Sanremo 2006, Tour du Haut Var ed Het Volk l’anno successivo, ho alzato le braccia al cielo alla Vuelta a España nel 2008 con la Liquigas, sono stato campione d’Italia nel 2009, anno in cui ho vinto la E3 Prijs Harelbeke, ho brindato per una vittoria di tappa al Giro d’Italia 2010, a Plouay nel 2013... Non sono tanti quelli in circolazione che hanno vinto più di me».

Come hai trascorso l’inverno?
«In famiglia e con gli amici storici. Le feste di Natale è d’obbligo tornare a casa dai miei cari. La fidanzata? Non ce l’ho. Dalla bici ho staccato per una quindicina di giorni, nei quali mi sono comunque tenuto in movimento con la corsa a piedi, lo sci e le moto. Quando passano gli anni, bisogna allenarsi di più. Una volta mi fermavo anche per un mese, ora invece per stare lontano della bici non devo averla vicino. Nel periodo di stop le ho portate via da Montecarlo per non cadere in tentazione, se vedo una due ruote mi viene voglia di fare un giretto, invece per la testa bisogna staccare del tutto. An­dando in bici da 18 anni, è molto im­portante diversificare i lavori d’inverno, soprattutto a livello mentale. An­dare in bici mi piace sempre da matti e non mi pesa, ma per riprendere ogni anno con voglia e grinta bisogna variare. Wilier mi ha fornito una gravel fi­ghissima, che ho sfruttato quando faceva troppo freddo per uscire su strada e per svolgere lavori specifici divertendomi».

Dopo il Tour de San Juan, hai corso Laigueglia e Oman e ora Langkawi: come mai?
«Ho chiesto alla squadra di correre il Tour of Langkawi in quanto mi sono reso conto che per trovare la condizione ho bisogno di correre tanto. Per il fisico che mi ha dato ma­dre natura devo avere un programma intenso. Mettere in cascina altri 10 giorni di corsa al caldo sarà importante per arrivare pronto alle Classiche a cui potremo partecipare. Voglio fare bene alla Sanremo e nelle altre corse adatte a me. Sono felice che la Wilier Selle Italia abbia ricevuto la wild card per la corsa rosa numero cento, ce la siamo meritata. La squadra è sempre stata competitiva, nell’edizione dell’anno scorso siamo arrivati in più occasioni vicini alla vittoria e anche quest’anno faremo del nostro meglio».

Schierate tanti giovani promettenti.
«Sì, è una formazione dall’età media bassa e con dei bei talenti. Mareczko è uno degli italiani più interessanti, può fare bene, così come altri ragazzi al primo anno a cui spero di insegnare qualcosa di utile per la loro carriera. Citracca mi ha affidato il ruolo di chioccia del gruppo, che mi stimola pa­recchio. Sono convinto di poter dare loro un grande contributo. Nonostante le stronzate che dice certa gente, per restare 18 anni ad alto livello e stare davanti in gruppo bisogna “fare la vita” e allenarsi per bene. Il ciclismo di oggi è esasperato, per essere all’altezza della situazione non si può lasciare nulla al caso. Al di là della mia facciata e dell’etichetta che ormai mi è stata appiccicata addosso, sono riconoscente a chi mi dà fiducia. Il ruolo che mi ha affidato il CT Davide Cassani al mondiale è stato importante, a fine carriera è un bel premio per uno come me che ama il ciclismo e svolge il suo lavoro con piacere e passione».

Cosa potrai raccogliere quest’anno?
«Vorrei tornare a vincere, davvero. L’an­no scorso ci sono andato veramente vicino in più occasioni, qualche volta il successo è sfuggito per colpa mia, qualcun’altra per causa di qualche intoppo e qualche altra ancora perché sulla strada ho trovato qualcuno un pelo più forte. Non vincere da qualche stagione mi pesa un sacco. Non lo do a vedere, ma mi fa proprio girare i co­glioni alla grande. Fossi “finito” me ne farei una ragione, ma invece vado forte e mi impegno e per una ragione o per l’altra non riesco ad alzare le braccia al cielo. Metterò sui pedali ancora più cattiveria, almeno una vittoria voglio portarla a casa».

Potrebbe essere la tua ultima stagione?
«Dipenderà da cosa decido di fare da grande (sorride, ndr). Ho tante idee in testa su progetti futuri. Recentemente però parlando con Mazzanti, il mio procuratore, pensavo che 18 è un nu­mero che non mi convince e potrei puntare alla cifra tonda dei 20 anni di carriera. Vedremo, fisicamente sono integro e penso di potercela fare, anche perché non ho disputato tanti grandi giri, che sono quelli che ti consumano di più, il mio problema è la testa. Già due anni fa volevo smettere. Ero svogliato, la motivazione e gli stimoli sono indispensabili. Oggi mi alleno più di prima, la voglia di far fatica non mi manca e rendermi utile per i giovani mi carica ulteriormente. Se avrò gli stimoli giusti per restare ad alto livello, potrei continuare per arrivare al record del Toso dei 20 anni da professionista, al­trimenti non ne vale la pena».

A proposito di Tosatto, cosa ne pensi del fatto che non sia stato eletto come rappresentante federale degli atleti e al suo posto sia stato preferito un cicloamatore?
«Io con la politica non ho un buon rapporto, per come viene fatta in Italia sono contrario, non ci credo molto. Mi dispiace perché Matteo con la sua esperienza e il suo amore per questo sport sarebbe stata una pedina importante per far sentire la nostra voce, ma soprattutto avrebbe portato un contributo non indifferente alla FCI. Alle elezioni penso che con lui abbiamo perso un’occasione di crescita importante. Non voglio sminuire chi è stato eletto, che non conosco personalmente, ma un ex pro del calibro del Toso, appena sceso di sella, avrebbe dato un supporto tecnico concreto. Oltre che un super professionista, è talmente innamorato del ciclismo che avrebbe fatto grandi cose. Speriamo facciano del loro me­glio gli eletti che ci rappresenteranno nei prossimi 4 anni».

Nel futuro potremmo vederti in qualche gara con le bici a scatto fisso come i tuoi “confratelli” Ravaioli e Moser?
«No, no. L’ambiente dello fixed mi piace molto, ma quando dirò basta con l’agonismo sarà uno stop a tutti gli effetti. In mente ho altro, vorrei fare qualcosa di buono per il movimento e per i giovani in particolare. Nel nostro ciclismo ci sono tante cose che non vanno, io è da una vita che critico il sistema e l’ambiente anche se mi ha dato tanto e non voglio sputare nel piatto che mi ha dato da mangiare e continua a darmelo. Sono convinto che sfruttiamo poco questa macchina dal potenziale enorme. Dagli errori che in questi anni ho visto fare da altri penso e spero di poter concretizzare qualcosa. Criticare è sempre facile, io oltre a dire la mia vorrei rimboccarmi le maniche e valorizzare quello che abbiamo. Il mio sogno è allestire una squadra che ricordi il mondo che avevo scoperto nei primi tre anni della mia carriera in Mapei, che resta il top tra le squadre in cui ho militato in questi anni. Una squadra che investa nei talenti italiani e non solo. Il sistema del ciclismo attuale ne ha bisogno: quanti ragazzi perdiamo per strada ogni anno? Ora che è sparito anche il nostro ultimo team World Tour, è un dramma. Il ciclismo di casa nostra è sempre stato un punto di riferimento, si merita un super team. So che è un progetto molto ambizioso, ma non è impossibile. Voglio provarci».

Cosa non funziona oggi?
«Non esiste che nelle categorie minori si faccia già i professionisti, da ragazzi bisogna divertirsi e crescere senza pres­sioni, altrimenti non si può pensare a una carriera e si arriva al grande salto senza margini di miglioramento. Non è accettabile che ci siano junior magri impiccati, che si allenano a no­vembre e dicembre più di noi. A quell’età la bicicletta dovrebbe essere ancora un gioco. Quando faccio notare queste cose, mi dicono che i tempi sono cambiati, ma per me dovremmo tutti darci una regolata perché l’esasperazione non porta nulla di buono. Da dilettanti bisognerebbe imparare a fare i corridori e una volta passati nella massima categoria i team dovrebbero dare ai ragazzi la possibilità di emergere, mentre oggi al primo intoppo li si la­scia a piedi. Non si dà loro la possibilità di esprimersi, non li si capisce se han­no problemi personali e non li si aspetta se hanno dei guai fisici da risolvere. So che è un discorso complesso, ma ora come ora stiamo sprecando tanti talenti. Se non ci impegniamo e investiamo risorse, per loro sarà sempre peggio. Il campione deve avere qualcosa più degli altri e su questo non ci piove, ma in questi anni ho imparato che l’atleta è una persona fragilissima e di questo dobbiamo tenerne conto».

In che modo?
«Dobbiamo vedere oltre alla prestazione. Non è che uno semplicemente va forte o non va, dietro al rendimento c’è tanto altro. Pensiamo ad un esempio bellissimo come quello di Sagan. Peter è un fuoriclasse e si diverte, ma ha già detto che quando gli peserà andare in bici smetterà. Lui gioca e il suo segreto è far divertire la gente. Lo dico sempre ai neopro con cui ho a che fare: abbiamo la fortuna di fare il lavoro dei no­stri sogni, svolgerlo divertendosi è la mi­glior medicina. Sulla vicenda Pan­tani, altro esempio eclatante, nel corso degli anni ho cambiato idea. C’è sempre un uomo dietro a un atleta, con i suoi pregi e difetti, i punti di forza e le debolezze. Viviamo in un equilibrio instabile, per ottenere i risultati che ci vengono richiesti devono convergere nel modo giusto un sacco di componenti per il tipo di disciplina che svolgiamo: passione, allenamento, doti fisiche, fortuna... Tutto deve andare nel verso giusto e se una volta erano 10 i corridori che potevano vincere una cor­sa di un giorno, oggi sono 50. Pri­meg­giare è sempre più difficile e in gara si va a tutta sempre, fin dai primi chilometri. Per un niente perdi la corsa e tutti i sacrifici che hai fatto per arrivarci al top vanno all’aria. In più, nel ciclismo di oggi il 90% delle gare prevedono un arrivo in volata perciò se non sei veloce non sei vincente. In salita c’è un livellamento imbarazzante, la gente si lamenta che nessuno scatta ma non ca­pisce che vanno tutti forte. Se nei Grandi Giri nessuno attacca, è perché si è tutti al limite. Si va più forte di una volta, tutti si presentano all’apice della condizione anche perché con la globalizzazione la preparazione si è uniformata così come l’alimentazione, una volta mangiavamo bene sono noi, ora sanno tutti cosa fa bene e cosa no».

Guardandoti indietro cosa vedi?
«Io parlo per esperienza personale, della mia carriera sono contentissimo, nel bene e nel male. Se sei intelligente, dagli errori impari e cresci. Agli inizi avevo due sogni nel cassetto: la Mila­no-Sanremo che ho centrato e il Cam­pionato del Mondo. L’unico rimpianto che ho è il mondiale 2010, che ho letteralmente buttato nel cesso. Correre un anno con la maglia iridata sarebbe sta­to eccezionale. Ci sono altre cor­se che avrebbero potuto cam­biarmi la carriera, penso ai tre secondi posti raccolti in corse importantissime, ma sono felice di quanto raccolto. Ai miei compagni più giovani dico sempre: il ciclismo è una parentesi intensissima della nostra vita, ma ricordatevi che non è tutto. Sfrut­tate al meglio questi anni e imparate il più possibile, la bicicletta è l’università della vita».

E guardando avanti?
«La squadra dei miei sogni di cui vi ho parlato. Vorrei diventasse il Real Ma­drid del ciclismo, la numero uno. So che è un progetto difficilissimo da realizzare, ma so­gnare è linfa vitale, perciò io sogno in grande. Non costa nul­la».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di febbraio
http://www.tuttobiciweb.it/2017/02/25/98...ia-de-maio
 
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#92
Madonna l'introduzione.
 
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#93
Un uomo che non ha peli sulla lingua... momentaneamente[cit.]
 
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#94
 
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#95
Se fosse un fuoriclasse potremmo anche accettare certe uscite.

Ma visto che è una pippa, gli consiglio vivamente dedicarsi esclusivamente alla patonza e non al ciclismo.

#pozzatoilmaestro #ciclismoignorante
 
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#96
Non importiamo pure qui il termine ignorante Facepalm Asd

Comunque spero abbia le conoscenze giuste, sennò il suo progetto è pura utopia. Basta vedere cosa è successo ad HTC, la difficoltà che ha un volpone come Lefevere ad andare avanti negli ultimi tempi. A chiacchierare son boni tutti...
 
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#97
Qua siamo tutti haters, tranquillo.
 
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#98
Nella salita che usa abitualmente come riferimento ha fatto il suo record di sempre (intervista alla Gazzetta), occhio a Pippo domani  Cool Cool
 
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#99
Se per 500 euro Pippo si ritirasse glieli darei
 
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(17-03-2017, 08:42 PM)Lambohbk Ha scritto: Nella salita che usa abitualmente come riferimento ha fatto il suo record di sempre (intervista alla Gazzetta), occhio a Pippo domani  Cool Cool

Forse per lui era meglio allenarsi in discesa, dato che domani i favoriti  sono i velocisti discesisti  Cool
 
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