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Alla Lavagna! Interroghiamo.......Lupo Solitario
Risposta seconda parte alle richieste di Manuel.....           

Diciamo subito che Parma ha vissuto sul ciclismo il suo Regio e la fiorente cultura che ne caratterizza gli stigmi, attorno ad una figura che ancora oggi ne è icona: Vittorio Adorni. L’involucro del suo tratto aldilà dei valori atletici indubbi, era fatto di una straordinaria popolarità, che si era creata per il suo modo unico di presentare i ciclisti, non come dei “ciao mama son contento di essere arrivato uno”, ma come dei possibili acculturati, dialetticamente eccellenti e signorili. Era un’eccezione, ma lui, il Vittorio, sapeva nasconderla bene fino a dominare quel  Processo alla tappa così ben condotto da Sergio Zavoli, intellettuale prestato ad un giornalismo sportivo ricco di penne di valore, ed alla fine era naturale che l’Adorni arrivasse in altra veste, nettamente unico fra gli sportivi d’ogni disciplina, sullo schermo televisivo con una propria trasmissione. Vittorio era entrato nelle famiglie, anche nella parte di queste che non seguiva il ciclismo, ed in più, ad arricchire i significati di sfida alla considerazione comune, quel titolo azzeccato “Ciao mama”. L’incenso giunse poi con la conquista straordinaria del Titolo Mondiale, proprio nel bel mezzo delle puntate di “Ciao Mama”. 

La figura di Vittorio è stata  dunque un perfetto testimonial del ciclismo, ed un fattore raro di spinta verso gli abbinamenti fra l’industria che voleva lanciarsi, ed il pedale che doveva mantenersi principalmente grazie agli sponsor (anche se allora le entrate, grazie alle corse e le conseguenti presenze, erano anche altre). 
Il primo Adorni con la sola qualità che possedeva e già tangibili risultanze agonistiche, aveva creato attorno a sé, un alone che si tramutava in uscite d’allenamento capaci di raccogliere gruppi di dilettanti non solo parmensi ma anche reggiani e, via via quei professionisti che il suo indotto stava  creando. Uscite che divennero popolari come autentiche perle d’osservazione. Tra l’altro, il Vittorio, era pure un tecnico raffinato per il ciclismo molto empirico di  quei tempi e la crescita della sua fama creò le condizioni di quella che poi diverrà una sorta di scuola ciclistica per l’intera regione. 

Ciclisti ed Aziende sull’alone del pianeta Adorni. 
Le aziende in ordine di nascita. 
La Salvarani non entrò nel ciclismo direttamente per Vittorio che, per  la chiusura della Philco, s’accasò nel 1963 alla Cynar. L’azienda rilevò il gruppo della Ghigi di Luciano Pezzi, a patto che il primo capitano fosse Arnaldo Pambianco (col quale i rapporti sono andati ben oltre la fine della carriera di “Gabanì”). E fu proprio l’amico Arnaldo, a regalare il primo successo alla mitica storia della Salvarani nel ciclismo: il Giro di Sardegna 1963. Nel ’64, Adorni e Baldini, grandi amici, impossibilitati a raggiungere la nuova squadra l’anno prima s’accasarono alla Salvarani che cambiò il colore di fondo della maglia, dal bianco al celeste, ovvero il colore che tutti ricordano perché legato alla leggenda del team. La popolarità di Adorni, grazie al “Processo alla tappa” si moltiplicò e la Salvarani, entrando così bene nei media, pensò di sponsorizzare la celebre esibizione dei Beatles a Milano, in  quello che era il monumento per eccellenza del ciclismo, il Velodromo Vigorelli. Tutto avvenne il 24 giugno 1965, guarda caso diciotto giorni dopo l’autentico trionfo di Adorni al Giro d’Italia. Divenuta azienda leader nel suo settore merceologico, la Salvarani sportiva cominciò a stare stretta a Vittorio che, in silenzio, grazie alla sua regalità, aiutò tantissimo il nuovo co-capitano Felice Gimondi, senza trovarsi uguali e tangibili ritorni. E così, un’altra azienda parmense, nel settembre del 1966, in attesa di poter abbracciare Adorni fece passare al  professionismo un gruppo di dilettanti che diverranno poi gregari del grande Vittorio. L’Azienda era la Salamini Luxor che, per il 1967, aggiunse un’altra squadra legata all’attività su pista, ovvero la Salamini Comet. La stagione non aggiunse moltissimo al curriculum del grande parmense, ma cementò il suo alone ed i suoi gregari, alcuni dei quali divennero ottimi professionisti. La Salamini però, come azienda iniziò a scricchiolare e nel 1968 lasciò (poi, nel ’69 fallirà), ma Adorni salvò il suo gruppo imponendolo alla Faema, suo nuovo team. Il grandioso ’68 con la conquista dell’iride ed il massimo della popolarità grazie anche alla trasmissione in TV, spinsero Adorni ad abbracciare le proposte provenienti da un’altra azienda parmense, la SCIC. Nel 1969 s’ebbe dunque l’esordio di un sodalizio che segnerà la storia del pedale negli anni settanta e che continuò a crescere anche dopo il ritiro agonistico di Vittorio. Naturalmente restò a lungo anche con diversi capitani, il riferimento ciclistico dei corridori emiliano-romagnoli, allungando non poco quella che era, appunto, una sorta di scuola ciclistica parmense. 

I ciclisti. 
Eccoli qua gli angeli custodi, gli amici, i collaboratori (quotidiani o quasi) sulla bicicletta di Adorni.
Succintamente.

 Luciano Armani
Nato a Felegara di Medesano (PR) il 12 ottobre1940. Passista veloce. Alto m. 1,73 per kg. 66. Prof. dal 1965 al ‘72, con 16 vittorie. Le principali: Tappa Marsiglia Tour ’71; Tappe Maratea e Bolzano Giro ’65 e ’70; Giro di Sardegna ’67; Coppa Sabatini ’65; Tappa Parigi–Nizza ‘66 e Tour de Suisse ‘69, indi GP Monaco,  Coppa Placci, Trofeo Cougnet,  Lisbona-Oporto Genova Nizza, Milano-Torino. Azzurro a  Zolder ’69. Un corridore che ha segnato la sua epoca ed il più forte del gruppo parmense dopo Adorni. Memorabili due sue vittorie. La tappa di Marsiglia, quando superò allo sprint Merckx, dopo una cavalcata di 251 chilometri (praticamente tutti in fuga) alla media di 46,272 kmh. La tappa di Bolzano ‘70 al Giro, quando staccò tutti sul Pordoi (allora Cima Coppi) e giunse al traguardo con quasi 3' di margine.


Emilio Casalini
Nato a Parma il 5 novembre 1941. Completo, alto m. 1,76 per kg. 72. Professionista dal 1965 al 1973, con due vittorie. Possedeva i cromosomi del gregario, ancor prima di scegliere questa come strada maestra nel rapporto col ciclismo. Era dunque naturale considerarla come riuscita scelta, ed infatti divenne una brava spalla. Le sue vittorie: la tappa del Monte Grappa al Giro d'Italia ’68 e la tappa di Roma al Giro di Sardegna ’69. Adorni, Merckx e Gimondi, i suoi capitani.

Wainer Franzoni
Nato a Cavriago (Reggio Emilia) il 2 luglio 1945. Passista scalatore, alto m. 1,78 per kg. 69. Professionista dal 1969 al 1970 con Scic e Zonca,  senza ottenere vittorie. Gran bel dilettante che, come sovente è successo nella storia ciclistica, spese il meglio delle sue risorse fra i “puri”. Da prof chiuse 10° il GP Campagnolo nel 1969 e, nella medesima stagione, fu buona spalla di Adorni al Tour de Suisse, che chiuse 72°.

Lauro Grazioli
Nato a Scandiano (Reggio Emilia) il 25 novembre 1943. Passista scalatore, alto m. 1,85 per kg. 76. Professionista dal 1966 al 1968, con una vittoria. Dopo una bella carriera fra i dilettanti (fu azzurro al Tour de l’Avenir e vinse, fra le altre, il GP De Gasperi), divenne fra i prof gregario evidente di Vittorio Adorni. Nel ‘68 in maglia Faema, vinse con Dancelli la “tipo pista” di Scandiano. Nel ’69 abbandonò l’attività ciclistica, preferendo dedicarsi al suo negozio di articoli sportivi.

Ercole Gualazzini
Nato a San Secondo Parmense (PR) il 22 giugno 1944. Passista veloce, alto m. 1,81 per kg. 83,5. Professionista dal 1966 al 1978, con 12 vittorie. Ha saputo essere tangibile ai massimi livelli nonostante un fisico che varrebbe l’aborro del pessimo odierno. Tra le sue vittorie, 4 tappe al Giro d’Italia (Benevento ’71, Valenza ’74, Verona ’76, Trieste ’77), 2 al Tour de France ( Saint Jean de Monts ’72 e Roscoff ’74), una alla Vuelta di Spagna (Bilbao ’69), il Giro Inde et Loire ’70 e la Sassari Cagliari ’77. “Gualassa”, come lo chiamavano tutti, è stato uno dei più popolari del gruppo negli anni settanta. 

Ernesto Jotti
Nato a Parma il 5 marzo 1944. Completo, alto 1,75 per 69 kg. Professionista dal 1969 al 1971. Non ha ottenuto vittorie. Scic nel ’69-’70 e Zonca nel ’71, le sue squadre. Ci si aspettava di più, ma da prof è stato solo un piazzato che non ha mai partorito l’acuto. Nel ’69 fu 2° al Toscana, 6° al Romagna e 9° al Giro delle Marche. Nel ’70 ancora 2° al Toscana. Nel ’71, 9° nella Sassari-Cagliari e 10° nel GP Camucia. Non bene nei GT: si ritirò al Giro ’69 e fu solo 44° nel Tour de Suisse ’70.

Pietro Partesotti
Nato a Reggio Emilia il 10 aprile 1941. Passista scalatore, alto m. 1,80 per kg. 72. Professionista dal 1963 al 1969, con una vittoria. Un personaggio tanto verace quanto umile nel vivere la sua carriera da gregario. Un compagno affidabile per quegli illustri capitani che lo hanno avuto come spalla, a volte così fedele al ruolo, da sfiorare le pagine del libro Cuore. L’unico successo nel ’68: il GP Ceprano del Trofeo Cougnet. Ha chiuso 4 Giri d’Italia e un Tour de France.

Paolo Zini
Nato a Parma il 25 maggio 1948. Passista scalatore, alto m. 1,76 per kg. 63. Professionista dal 1970 al 1971, senza ottenere vittorie. Il più giovane del gruppo che s’adeguò da subito al ruolo di gregario. Purtroppo per lui, difettava in tenuta (aspetto che oggi sarebbe assai meno influente) oltre i 200 chilometri. Partecipò ai Tour de France del ’70 (fuori tempo massimo alla 4a tappa) e del ’71 (fuori tempo massimo alla 4a tappa).  


I più forti del passato parmense precedente Adorni.

Giulio “Jules” Rossi
Nato ad Acquanera di Santa Giustina di Boccolo dei Tassi di Bardi (Parma) il 3 novembre 1914.  Deceduto a Champigny sur Marne (Francia) il 30 giugno 1968. Passista veloce, alto 1,74 per 74 kg.. Professionista dal 1935 al 1951 con 17 vittorie. Ha svolto l'attività professionistica in Francia.
Dopo essere stato buon dilettante in Italia, si trasferì oltralpe con la famiglia per cercare lavoro e tranquillità. In terra francese mise a segno due grosse imprese: nel '37 s'aggiudicò la Parigi-Roubaix davanti ai belgi Hendrickx e Declerc e nel '38 la Parigi-Tours che gli procurò il nastro giallo grazie alla media di km 42,097 sui 251 km del percorso. Fra gli altri successi, di nota la Parigi-St. Etienne a tappe nel '36, la Parigi-Reims '41 e '43, il Gran Premio delle Nazioni (zona occupata) nel '41 (fu 3° nel '42, 2° nel '43 e '44). A completare il suo palmares vittorioso il GP Troyes. Il GP Chantilly e il Circuit dell’Allier nel ’35; la tappa del Tour de France ‘38 la Bordeaux-Bayonne dove superò Giordano Cottur; i GP di Boise-de-la-Deule e quello di Lille nel ’41; il GP Distretto della Mosella nel ’42; la Fleche Francaise nel ’43; il Prix Nantua nel ’45; il Prix Page Rousullon, ultimo suo successo nel ’49. Ha poi ottenuto piazzamenti di gran rilievo: fu 2° nella Roubaix  '44, 3° nella Parigi-Tours '42; 2° nel '36 e 3° nel '38 nella Bordeaux-Parigi. Ha fatto parte della nazionale italiana al Tour de France al fianco di Bartali nel '37 e nel '38 (vinse la Bordeaux-Bayonne davanti a Cottur) ritirandosi in entrambe le occasioni come, del resto, fece pure nel Giro d'Italia sia nel '35 che nel '36. Uomo di poche parole ma di molta sostanza, ebbe vita difficile nelle grandi corse a tappe, per le difficoltà a rimanere concentrato per giorni e giorni. Tra l’altro, fu pure sfortunato nelle sue partecipazioni per i classici guai che intervenivano nelle particolarmente disastrate strade del suo tempo. Morì improvvisamente, a soli 54 anni, pochi giorni prima del previsto viaggio in Italia su quell’Appennino parmense dove, si dice, volesse ritornarvi definitivamente. Un personaggio che è stato per anni considerato, e lo è ancora per tanti, il primo italiano a vincere la Roubaix, in quanto ancora non si conoscevano le date della naturalizzazione francese di Maurice Garin. Un particolare da poco, comunque. 

Gianni Ghidini
Nato a Golese (Pr) il 21 maggio 1930, deceduto a Baganzola (Pr) il 20 giugno 1995. Passista veloce. Alto m. 1,71 per kg. 70. Professionista dal 1953 al 1954 con tre vittorie. 
Per chi, magari ancor oggi, crede alla maledizione della maglia iridata dei dilettanti, sicuramente troverà in Gianni Ghidini un bel esempio. Già, perché questo corridore parmense, forte sul passo e molto veloce, fu un personaggio in gran vista fra i dilettanti della sua epoca e, se vogliamo, anche in una più vasta area di confronto. E grazie ad un crescendo di risultati e di protagonismo evidenti, Proietti, lo storico Comissario Tecnico della Nazionale dei dilettanti degli anni cinquanta, lo schierò con compiti possibili di primato ai Campionati del Mondo di Varese, nel 1951. La risposta? Vinse di un'inezia (non c'era il fotofinish) sul toscano Rino Benedetti, che era convinto (come tanti spettatori del resto) di aver tagliato prima del compagno il traguardo. Fatto sta che Rino passò nel '52 fra i professionisti e lì determinò una bella carriera, mentre Gianni, rimase dilettante a godersi quell'arcobaleno e a pedalare verso le Olimpiadi di Helsinki '52, dove finì 7° nella prova in linea e conquistò l'Argento a squadre. Ma quando, nel '53, passò prof, nel breve volgere di un paio d'anni divenne un ex corridore. 
A dargli l'accasamento fu l'Atala, che correva alternata alla Lygie, la propria filiale e che credeva e sperava, di aver fatto un bel colpo portandosi Ghidini in squadra. Invece, le cose andarono diversamente. L'esordio di Gianni fu abbastanza buono, perlomeno per un corridore normale, ma il parmense non era visto come uno dei tanti,bensì come l'iridato dei dilettanti,ed il sodalizio dello storico diesse grigio-azzurro Alfredo Sivocci, non rimase contento, tanto è che a fine anno si concretizzò il divorzio. La vittoria di Ghidini nella tappa di Tienen al Giro del Belgio per indipendenti, il 2° posto nel Circuito della Valle del Liri, il 3° nel Giro dell'Appennino, il 4° nel GP d'Autunno, il 5° nella Coppa Sabatini, il 6° nella Milano-Modena, il 7° nel Trofeo Matteotti, l'8° nel Giro della Provincia di Reggio Calabria, il 9° nella Coppa Bernocchi, il 10° nel Trofeo Fassi, ed un buon "Lombardia" chiuso 19°, erano poco, troppo poco per l'Atala. Tra l'altro Ghidini si era ritirato al Giro, senza mai dare segni di vitalità nelle tappe concluse. A fine anno, come detto, ci fu la separazione ed il parmense finì alla Girardengo. Il 1954 di Ghidini, in risultanze fu questo: vinse la  cronotappa di Gela al Giro di Sicilia, ed una frazione del Giro di Croazia e Slovenia, corsa che poi chiuse 3° nella Generale Finale. Nell'anno, fu inoltre 9° alla Milano Torino e 11° nella Tre Valli Varesine. In ogni caso, Girardengo confermò Ghidini anche per il '55. Ma il parmense, afflitto da vari malanni, non corse quasi mai, ed appese la bicicletta al chiodo.
 
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RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da sito - 23-11-2013, 12:35 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 23-11-2013, 03:34 PM
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RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 30-11-2013, 12:09 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 06-04-2017, 08:29 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 06-04-2017, 08:38 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 06-04-2017, 09:07 PM
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RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 08-04-2017, 04:03 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 08-04-2017, 11:06 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo...HIKO - da Hiko - 09-04-2017, 07:09 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo.......Morris in quarantena - da Morris - 10-05-2020, 05:39 PM
RE: Alla Lavagna! Interroghiamo....... - da Gerro - 08-01-2022, 12:03 PM

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