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Alessandro Petacchi
#21
AleJet è ancora in pista
Un inverno di lavoro con Bartoli e la scoperta della pista

È ancora in pista: è proprio il caso di dirlo. Alessandro Pe­tacchi, 39 anni compiuti il 3 gennaio scorso (è del 1974), si ributta nella mischia con l’en­tu­sia­smo e la curiosità di un ragazzino.
«Se è per questo anche di più - dice lui dall’Argentina, dove è volato per dare inizio alla sua stagione numero 18, la terza in maglia Lampre Me­rida -. Quel­la dello scorso anno è stata per me davvero una stagione difficile e complicata. Proprio da numero 17. Una delle più buie e problematiche della mia carriera. Non mi sono mai sentito a mio agio a livello fisico e so­prattutto a livello personale ero davvero stremato. Trop­pi problemi, troppi pensieri, alla fine ho ritrovato la serenità, ho ripreso il bandolo della matassa e sono pronto a vivere una stagione co­me dico io, anche per ripagare Sa­ronni e i Gal­bu­sera, che mi hanno nuovamente dato la loro incondizionata fi­ducia».
È ancora in pista AleJet, e dalla pista ha ricominciato.
«In verità ho cominciato, non ricominciato, perché io in pista ci sono salito per la prima volta in assoluto questo inverno - ci racconta con la sua flemmatica parlata toscoligure -. Io in vita mia non ero mai stato in pista. Ho sempre avuto paura, non mi sono mai applicato ad una disciplina che mi si è prospettata come propedeutica alla mia preparazione questo inverno. In passato avevo fatto solo una piccolissima comparsata sull’anello di Brema (166 metri, ndr) una delle piste più tecniche e difficili del mondo. Ero alla Milram e fui chiamato a dare il via, e a fare una piccolissima esibizione con Erik (Za­bel, ndr). Quest’anno, in­vece, con la nuova collaborazione con il Centro di Michele Bartoli (la “Light Clinic Sport Service” di Lunata, a Capannori, un centro nato dall’idea di Mauro Mar­ruc­ci, titolare della Sixtus, e che ha come responsabile sanitario il dottor Gio­van­ni Bei e si avvale della consulenza del dottor Carlo Giam­mat­tei, medico del reparto di Medicina e Traumatologia dello sport dell’ospedale di Lucca, oltre che medico della Nazionale azzurra, ndr), mi sono avvicinato anche alla pi­sta. Sono andato a Montichiari diverse volte e ho svolto dei lavori specifici, anche e soprattutto dietro moto, grazie all’aiuto fondamentale di Davide Vi­ganò, al quale va il vero merito di avermi aperto le porte della pista, ma un grazie particolare va anche a Marco Villa, che mi ha letteralmente insegnato a stare in sella, a gestire il mezzo nel traffico del gruppo, a pedalare su un anello con re­lativa sicurezza. Al velodromo di Mon­ti­­chia­ri ho svolto una seduta alla settimana, seguendo l’agenda di lavoro di Michele Bartoli e i consigli preziosissimi di due esperti come il ct Villa e Vi­ganò (campione europeo dietro derny con Cordiano Dagnoni, ndr). Un lavoro mai fatto prima proprio per ritrovare quella brillantezza, quello scatto, quella agilità unita ad una freschezza atletica che in un atleta di 39 anni non è facile da mostrare. D’altra parte lo sanno tutti, più vai avanti negli anni e più migliori nella resistenza e nella tenuta, e perdi proprio quelle qualità di agilità che sono proprie della giovinezza, di un fisico più elastico e reattivo. Io, che nonostante i miei 39 anni mi sento ancora uno sprinter e soprattutto sento di poter dire ancora la mia, ho dovuto per forza di cose trovare qualche strada alternativa per poter provare a ritrovare un po’ di smalto. Così ho fatto. Tanto lavoro di qualità, per reclutare forza e un bel lavoro per migliorare l’agilità. Non so come andrà a finire, ma per il momento io sono soddisfatto del lavoro svolto e soprattutto sono molto fiducioso».

Felice di lavorare con Michele Bartoli?
«Sì, molto. Per me Michele è davvero il fratello che non ho. Posso dire, in ogni caso, che i suoi metodi sono molto duri. Lui è un precisino, e per me è un grande stimolo poter lavorare con lui. Soprattutto potermi confrontare con un amico che è stato un atleta di grande livello ed esperienza».

Con chi non ti sei trovato benissimo è Ro­berto Damiani…
«È stato scritto molto su questa storia, addirittura secondo la Gazzetta sono stato io l’artefice del suo allontanamento dalla squadra, ma non è così. Io so­no uno che parla poco ma quando par­la non ha problemi a farlo in maniera chiara e diretta. Non è un mistero che io e Ro­berto non ci siamo presi neanche un po’, ma la decisione di proseguire il nostro cammino da soli è stata una decisione collettiva, di squadra, di corridori e di personale. Non so se sia meglio o peggio, ma questa è la pura verità. Ro­berto è una persona preparata, però forse le sue idee e il suo modo di lavorare non si sposavano perfettamente con la filosofia della squadra. Non è un mistero: tra persone scattano delle alchimie, con Ro­berto non è mai successo. Que­sto cambio è stata una grossa ri­voluzione, ve­dre­mo se sarà stata la scelta giusta».

Cosa ti ha spinto ad andare avanti?
«La fiducia della squadra. La considerazione di Beppe Saronni, che parla poco ma sa quando parlare e lo fa sempre a ragion veduta. E poi in me c’è la voglia di fare il meglio possibile per avere un commiato più degno di me. Io non posso lasciare così male. Io so di poter pedalare ancora bene, e al Tour dello scorso anno l’ho anche dimostrato in alcune circostanze, come nella tap­pa di Rouen, quando fui battuto da un magistrale André Greipel. Quel se­condo posto (sette, nel 2012, oltre tre vittorie, ndr) mi brucia ancora, ma quello che più mi da fastidio è il fatto di aver lasciato il Tour in quel modo: sono finito a terra nella tappa della Croix-de-Fer, mi sono rotto una costola e la mia stagione è stata definitivamente compromessa. Ora nei miei programmi c’è una buona ripartenza, so­prattutto una buo­na primavera, con la Sanremo in cima a tutti i miei pensieri, e poi il Tour. In­somma lo ripeto: negli anni passati non credo ci sia stato un problema di preparazione, ma questo inverno mi sono allenato molto me­glio, e sento di aver fatto le cose con più intensità, costanza e determinazione. Alla mia età non si può tralasciare nulla. L’anno scorso pur­troppo ho avuto troppi problemi fi­sici e cadute».

Quindi sarà la tua ultima stagione, il tuo ultimo giro di pista?
«Assolutamente no. Se vado come spe­ro di andare, io uno o due anni li vo­glio fare ancora. Andiamo per gradi. Sono un velocista, ma le cose le faccio sempre con grande calma e serenità».

Quest’anno avrai al tuo fianco anche un corridore di peso come Filippo Pozzato, in grado di fare il solista ma anche di portare la croce…
«Siamo una buona squadra, e con Pip­po, Viganò, Richeze e Malori ho anche a disposizione atleti di gradissimo valore per le volate. Avere poi al mio fianco uno come Pippo fa solo che comodo. Come si dice in questi casi? Meglio averlo compagno di squadra che contro».

Cosa chiedi al 2013?
«Serenità e salute. Se non avrò contrattempi, sarò a metà dell’opera».

Un anno fa solo tre vittorie, ma ben 154 in carriera…
«Io sono juventino e come la vecchia Signora che considera 30 i suoi campionati conquistati sul campo, io rivendico anche le mie cinque vittorie al Gi­ro e le otto gare che mi hanno tolto. Quin­di per me sono 167 le vittorie, e mi piacerebbe rimpinguare il più possibile il mio palmares. Perché è vero che ho 39 anni e sono prossimo al capolinea ma, come ti ho detto, sono pronto a stupirvi ancora un po’».

Contento dell’arrivo di Roberto Ferrari?
«Molto. Faremo attività parallela, una opportunità in più per la Lampre Me­ri­da. Roberto lo conoscevo già, avendoci corso in Lpr. Era molto più giovane, adesso è cresciuto, ha disputato un ot­timo Giro d’Italia, ha vinto una tappa ed è stato nelle prime posizioni in tutte le volate. Spero che continui così e che quest’anno riconfermi quanto di buono ha fatto vedere».

Ma tra i velocisti italiani, tu sembri essere ancora il migliore. È così?
«Corridori veloci ce ne sono, ma hanno caratteristiche diverse: Guardini, ad esempio, è veloce ma non so quanto possa migliorare in salita. Sicuramente deve dimostrare di saper stare in una grande squadra e quest’anno alla Asta­na ne ha la possibilità. Un altro ragazzo che secondo me è molto bravo è Ja­co­po Guarnieri, anche se si è un po’ fermato. A Jacopo piace molto anche il Belgio, ha capito che nelle volate non riesce a battere certi velocisti, ma può ancora trovare il suo spazio: deve metterci un po’ più di cattiveria e determinazione. Poi c’è Elia Vi­viani, forse quello più talentuoso di tutti, ma dopo aver diviso la sua attività tra strada e pista a questo punto deve scegliere e dimostrare qualcosa in più di quanto ha fatto vedere fino ad ora. Siamo alla re­sa dei conti, per Elia quest’anno è una stagione molto importante: può davvero fare un salto di qualità. Questi sono senz’altro degli ottimi corridori, con i quali io dovrò misurarmi e fare in mo­do che non mi svernicino. Sai, io sembro pacato e tranquillo, ma quando perdo mi girano come a pochi… Mi dicono: “dai Peta, ormai hai una certa età…”. Ma perdere non piace mai a nessuno, l’età non c’entra. E io sono convinto di poter far piangere ancora qualcuno. Per questo ho deciso di es­sere ancora in pista».

di Pier Augusto Stagi, da tuttoBICI di febbraio
http://www.tuttobiciweb.it/detectUA.php?...56801&tp=n
 
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#22
si è ritirato Ale-Jet
 
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#23
Carriera esemplare AveAveAveAveAveAve
 
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#24
AleJet spegne i motori: “Mi fermo qui”

[Immagine: Petacchi-appoggiato-bici-sito.jpg]
© BettiniPhoto

Alessandro Petacchi ha affidato al sito internet www.teamlampremerida.com la comunicazione di una importante scelta riguardante la sua carriera di ciclista professionista.

Con la Parigi-Roubaix ho chiuso una prima parte di stagione durante la quale ho corso molto, cercando di essere protagonista in appuntamenti per me tradizionali, quali la Milano-Sanremo, e provando a confrontarmi con nuove sfide, quali la Parigi-Roubaix.

Mi sono avvicinato a queste gare con la massima professionalità, spinto anche dall‘entusiasmo che la famiglia Galbusera e i nuovi sponsor della squadra hanno trasmesso al team.
So di aver dato il massimo, come ho sempre fatto nelle 18 stagioni della mia carriera da professionista.

Nella mia vita professionale ho raggiunto traguardi importanti e centrato tutti gli obiettivi che un corridore con le mie caratteristiche può desiderare.
Arrivato alla soglia delle 200 vittorie, però, sento di avere bisogno di dare una svolta alla mia vita, di trovare una nuova dimensione e di avere anche più tempo da dedicare alla mia famiglia.

Queste riflessioni mi portano alla decisione di offrire alla mia carriera una pausa.

Ho sempre privilegiato l‘aspetto professionale del mio lavoro. Ho sempre agito onorando l’impegno profuso da aziende quali Lampre, Merida e tutti gli altri partner del team che ringrazio per la fiducia accordatami in questi fantastici anni assieme.
Sento però che è giunto il momento di dedicarmi un po’ di tempo, di cercare nuovi stimoli.

Per ora, quindi, devo rivolgere a tutti gli appassionati di ciclismo un arrivederci, con la possibilità di tornare in futuro a essere parte del mondo che tanto mi ha dato, mettendo a disposizione la mia esperienza e magari trasmettere alle nuove generazioni di atleti la bellezza del nostro sport.
Vorrei ringraziare la squadra, sponsor, management, staff e atleti e tutti coloro che nel corso della mia carriera mi hanno sempre sostenuto, dando fin da ora la mia disponibilità a non far mancare, all’occorrenza, ai miei compagni e al team il mio supporto in termini di consigli ed esperienza.

Cordialmente

Alessandro Petacchi


Il Team Lampre-Merida ringrazia Petacchi per gli anni vincenti trascorsi assieme: 14 vittorie e la conquista della maglia verde del Tour de France hanno arricchito un rapporto umano e professionale di assoluto valore.
Rispettando la scelta del corridore, la squadra e i suoi sponsor sono consci del fatto che il rapporto di AleJet con i colori blu-fucsia-verdi sarà ancora forte, data la volontà di Petacchi di mettere a disposizione del team la sua esperienza e la sua immagine di campione, uno dei più vincenti velocisti della storia del ciclismo.
Nel prossimo futuro, ci sarà modo di valutare congiuntamente alcune iniziative per rendere il giusto omaggio alla lunga e gloriosa carriera di Petacchi.

comunicato stampa Lampre-Merida
 
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#25
27 tappe al Giro, 6 al Tour e 20 alla Vuelta. Maglia Ciclamino del Giro e Verde di Tour e Vuelta. 1 di 3 corridori ad aver vinto almeno una tappa in ogni GT nello stesso anno, ed unico ad averne vinto almeno 2. Milano-Sanremo e Parigi-Tours. 183 vittorie in carriera. Cos'altro dire, chapeau per Ale-Jet, uno dei più grandi velocisti di sempre. Ave

Onorato di aver visto dal vivo la sua ultima vittoria di tappa al Giro d'Italia...
 
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#26
Non il mio sprinter preferito, ma è stato comunque uno dei più grandi in assoluto Applausi
 
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#27
Il 99% dei velocisti pagherebbe per avere una carriera vincente anche solo la metà della sua. Chapeau, AleJet

 
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#28
Fa bene Alessandro, ormai non aveva più senso andare avanti così per un campione come lui.

Però un senso per un ultimo Giro d'Italia si poteva trovarlo...
 
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#29
Anch'io non stravedevo per Petacchi, visto che non ho mai amato i velocisti da treno. E poi i mondiali i Madrid - in collaborazione con Ballerini - hanno dato la mazzata finale. Però sulle sue qualità c'è poco da dire. Poi ci siamo anche goduti uno spezzone di duello col Cipo (che alla fine non ha "danneggiato" nessuno dei due), più di così...

Sinceramente però son rimasto molto sorpreso: più che altro credevo che tirasse avanti fino al Tour de France, per poi chiudere la carriera, in grande stile, a Parigi. Probabilmente gli stimoli erano proprio a 0. E la partecipazione alla Roubaix acquista sicuramente maggior logica, a 'sto punto...
 
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#30
(23-04-2013, 05:46 PM)Ricardovsky92 Ha scritto: Non il mio sprinter preferito, ma è stato comunque uno dei più grandi in assoluto Applausi

Condivido queste parole!
 
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#31
Lo stop di Petacchi: è una pausa
«Ho preso la decisione dopo la Parigi-Roubaix»

Il telefono è andato vicino al tilt completo. Normale. Alessandro Petacchi ha segnato un’epoca dello sprint mondiale, e l’annuncio — a sorpresa, attraverso un comunicato della Lampre-Merida —di quello che tutti hanno interpretato a caldo come un ritiro dall’attività agonistica ha avuto un impatto mediatico notevole. Ed è destinata ad averlo anche la successiva precisazione: «E’ scorretto dire che mi sono ritirato — spiega Ale-Jet, 39 anni, alla Gazzetta —. Non ho chiuso la porta al ciclismo e non ho idea di quello che mi riserverà il futuro. Questo non è un ritiro, ma una pausa». Ultima corsa, la Parigi-Roubaix 2013.

Vincente. Formidabile cacciatore seriale di tappe nei grandi giri (48 tra Giro, Tour e Vuelta!), capace di trionfare alla Sanremo e alla Parigi-Tours, Petacchi ha vinto talmente tanto che è difficile trovare accordo tra le diverse fonti sul numero complessivo dei successi (13 dei quali cancellati per il controverso caso-salbutamolo al Giro 2007). Ma di fatto, in Italia, solo Moser, Saronni e Cipollini hanno vinto di più. Professionista dal 1996, Petacchi è arrivato relativamente «tardi» ai vertici dello sprint — una vittoria nei primi 4 anni da pro’ — ma poi si è rifatto con gli interessi: il successo su Cipollini al Giro 2003 a Lecce fu un ideale passaggio di consegne e per anni Ale-jet è stato il numero uno della volate, riuscendo a superare anche il grave infortunio a un ginocchio al Giro d’Italia 2006 fino a conquistare la maglia verde del Tour 2010 a 36 anni e a battere ancora l’erede, Mark Cavendish, al Giro d’Italia 2011: anni 37.

Petacchi, la notizia è arrivata del tutto inaspettata e allora le chiediamo innanzitutto: c’è qualcosa che non ha detto?
«No. Se avessi qualcosa da nascondere non le avrei neppure risposto al telefono. Sarei stato zitto. Non ho problemi con nessuno e non ne ho con la squadra».

Allora come mai ha deciso di fermarsi?
«Non aveva più senso continuare così. Non ho gli stimoli giusti. L’inizio di stagione non era stato neanche male, mi sentivo meglio dell’anno precedente. La vittoria alla Parigi-Nizza poteva arrivare, ho fatto errori che per uno come me sono inconcepibili. La Sanremo era uno stimolo, ma il maltempo l’ha sconvolta. Ho cercato di fare cose nuove, misurandomi con il Fiandre e la Roubaix. Poi ho pensato: e ora che cosa faccio? Vado al Tour? A fare che cosa?».

Chi sapeva di questa decisione?
«Mia moglie Chiara, i miei procuratori, il team manager Beppe Saronni, la famiglia Galbusera. Basta. Ne abbiamo parlato dopo la Roubaix. Abbiamo rescisso il contratto con la squadra di comune accordo, anche se c’era già più di una parola anche per la prossima stagione. Ma io non me la sento di prendere in giro nessuno».

D’accordo Alessandro, ma allora perché parla di pausa e non di ritiro?
«Non sto chiudendo la porta in faccia al ciclismo e sarebbe impossibile farlo da un giorno all’altro. In pratica sono 30 anni che pedalo... Ma non è che non ne voglia più sapere di questo mondo. Non è la verità. Non me la sentivo più di continuare così, questo sì».

E quale potrebbe essere un altro modo agonistico di continuare?
«Mah. Ricordo per esempio che un grande campione come Erik Zabel, nell’ultima fase della carriera, mi tirava le volate alla Milram. Un discorso del genere potrei valutarlo, ma non penso che abbia senso farlo per chiunque. Ci dovrebbero essere le condizioni giuste». Ale-jet non fa nomi, ma è facile pensare a personaggi come Cavendish (Omega) e Sagan (Cannondale). Forse anche a due giovani emergenti come i tedeschi Kittel e Degenkolb, entrambi alla Argos-Shimano. Ipotesi tanto suggestivi quanto molto difficilmente praticabili, allo stato.

Petacchi, anche se non vuole usare la parola ritiro, un flash della carriera con le immagini più belle e quelle da dimenticare se la sente di farlo?
«Non posso che ricordare la vittoria di Lecce al Giro d’Italia su Cipollini, che aveva la maglia iridata (in quel 2003 vinse 6 tappe al Giro, 4 al Tour e 5 alla Vuelta, ndr); e l’urlo della Sanremo 2005. In negativo, l’infortunio al ginocchio al Giro 2006. Ritornare ad alti livelli dopo un trauma così non era facile. Esserci riuscito è un grande orgoglio».

Quanto ha pesato la famiglia nella sua decisione?
«Mio figlio Alessandro ha cinque anni ed era sempre più difficile salutarlo, uscire di casa, stargli lontano. E’ chiaro che ogni decisione avviene soprattutto in funzione sua. In realtà non ho ancora realizzato bene quello che è successo. Ma di una pausa avevo sicuramente bisogno. Non so ora che cosa succederà. Spero che succeda qualcosa»

di Ciro Scognamiglio, da La Gazzetta dello Sport del 24/04/2013
 
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#32
Andrè Greipel: «Con Petacchi sono state delle belle sfide».
Al via della 4a tappa del Giro di Turchia abbiamo chiesto ad alcuni dei velocisti in gara la loro opinione sulla scelta di attaccare la bici al chiodo di Alessandro Petacchi. Questo è il pensiero del tedesco Andrè Greipel: «Ho sentito questa notizia poco fa, sono sorpreso ma solo in parte. Alessandro ha dimostrato di essere ancora competitivo ma per l'età che ha, 7 anni più di me, posso immaginare abbia perso un po' di motivazione e abbia le sue ragioni per smettere. Negli anni passati abbiamo affrontato diverse volate uno contro l'altro, sono state delle belle sfide. Petacchi ha una personalità forte, ha vinto moltissimo e credo abbia onorato al meglio la sua carriera e il nostro sport».

Davide Viganò: «Scelta inattesa del "Peta", mi mancherà».
Ad essere sorpresi della scelta di Alessandro Petacchi di chiudere la sua carriera durante la stagione in corso o prendersi quanto meno una pausa dal ciclismo ad alto livello sono prima di tutto i suoi compagni di squadra. Al via della frazione odierna del Giro di Turchia il suo ultimo uomo Davide Viganò ha commentato così la decisione del suo capitano: «Devo dire per prima cosa che questa scelta di Alessandro per me è stata un fulmine a ciel sereno, non me l'aspettavo proprio. Con Alessandro ho lavorato negli ultimi anni ed è stato un vero piacere. Ci siamo allenati spesso assieme e correre al suo fianco mi ha permesso di imparare molto, oltre che di conoscere una persona unica, un campione con la professionalità di pochi. Da lui ho certamente imparato molto, sicuramente mi mancherà in gruppo. Appena tornerò a casa dalla Turchia lo chiamerò per capire i motivi della sua scelta e per ringraziarlo per quello che mi ha lasciato».

da Göcek, Giulia De Maio per tuttobiciweb.it
 
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#33
Cavendish-crisi? Vuole Petacchi per tornare re
Clamoroso: l'Omega-Quick Step sta pensando allo spezzino

Alessandro Petacchi nel treno di Mark Cavendish. Un’indiscrezione clamorosa che al momento è un’idea. Non è ancora dato sapere se diventerà realtà, però dato il calibro dei personaggi la sola suggestione fa già notizia...

Tempi - «Magari. Se hanno pensato a me, sono lusingato. Ma io non ho sentito nessuno», ci ha detto ancora ieri il 39enne spezzino. Ma del fatto che l’Omega-Quick Step, il team di Cavendish, stia concretamente pensando a questa ipotesi, la Gazzetta ha avuto conferme da fonti attendibili. I tempi per permettere a Petacchi di debuttare con i nuovi colori addirittura già al Giro d’Italia (-7 giorni) sono molto stretti. Ma se non ci si riuscisse, si tenterebbe la stessa operazione in vista del Tour: una possibilità che in Belgio alcuni danno già per fatta.

Ambizioni - D’altro canto, che l’annunciato ritiro (martedì) di Petacchi fosse non un ritiro, ma una pausa, l’aveva già chiarito il diretto interessato in un’intervista al nostro giornale. «Mi prendo una pausa, ma potrei tornare in un altro ruolo, magari quello che Zabel rivestì per me a fine carriera». Petacchi, dal 2010 in maglia Lampre-Merida, aveva corso l’ultima volta alla Parigi-Roubaix (7 aprile) con il team di Giuseppe Saronni. Ultime vittorie, nel maggio scorso al Giro di Baviera; in questo inizio di 2013, solo piazzamenti. «Continuare così non aveva senso». Da qui la rescissione consensuale del contratto da parte del quarto italiano di tutti i tempi come numero di vittorie: 166, dietro soltanto a Moser, Saronni e Cipollini. Ma Petacchi ritiene di essere ancora più che competitivo se utilizzato in «appoggio» a un altro grande sprinter.

Difficoltà - Mark Cavendish è stato il suo erede. E l’inglese, lasciato il team Sky dopo appena una stagione, sembrava felicissimo dell’approdo all’Omega-Quick Step, e aveva cominciato il 2013 con una vittoria in Argentina e 4 successi al Giro del Qatar. Ma si è fermato (tranne una tappa di La Panne), e negli ultimi tempi (Tirreno-Adriatico, Gp Escaut) non ha nascosto l’insofferenza per i meccanismi non perfetti del treno. Adesso è al Romandia, ma a fare lo sprint (in tappe mosse) non ci è mai arrivato. I fedelissimi Renshaw e Eisel battono altri lidi (Blanco e Sky) e se non vince «Cav» tranquillo non riesce proprio a stare. Può essere Petacchi la soluzione? Ad Ale-jet piacerebbe. E l’Omega-Quick Step ci sta pensando davvero.

da «La Gazzetta dello Sport» del 27 aprile 2013 a firma Ciro Scognamiglio
 
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#34
Come apripista per Cavendish, può essere
 
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#35
Non ce lo vedo Petacchi che fa l'apripista...
 
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#36
Idem...troppo facilmente "spaventabile" per poter essere un buon apripista...
 
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#37
Beh, è ovvio che se a Petacchi gli si chiedesse di fare il Julian Dean o il Fred Rodriguez sarebbe da matti. Ma in un treno - come quello che ha l'OPQS - non vedo dove sarebbe il problema se, invece d'essere il velocista di punta, venisse scalato di una posizione a fa' l'apripista.
 
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#38
Mercato, accordo raggiunto tra Petacchi e la Omega Pharma
Dietrofront praticamente ufficiale: La Gazzetta dello Sport di oggi infatti scrive che Alessandro Petacchi avrebbe trovato già l'accordo con Patrick Lefevere per correre fin da subito con la Omega Pharma-Quick Step.
Ci sarebbe solo da superare un ostacolo legale: l'UCI infatti consente dei trasferimenti durante la stagione solo nel periodo compreso tra il 1° e il 15 Agosto. Bisogna quindi capire se questo ingaggio sarà interpretato come un trasferimento da una squadra ad un'altra - quindi illegale - oppure riguarderà un corridore considerato svincolato - quindi legale -.
Intanto Petacchi, in questi giorni, avrebbe già provato la sua nuova Specialized nel velodromo di Montichiari.
 
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#39
Personalmente avrei preferito fosse andato in Cannondale a fare da insegnante a Viviani.
 
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#40
Ha fatto quella farsa del finto ritiro solo per poter cambiare squadra?
Non ci fa una bella figura...
 
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