Login Registrati Connettiti via Facebook



Non sei registrato o connesso al forum.
Effettua la registrazione gratuita o il login per poter sfruttare tutte le funzionalità del forum e rimuovere ogni forma di pubblicità invasiva.

Condividi:
Filippo Pozzato
#21
Beh, per le classiche sarà dura: non tanto per la presenza, ma per la condizione ovviamente. Credo sia quasi impossibile rivedere il Pozzato stile 2009 (Wub ), più facile possa esser in linea a quello dello scorso anno...
 
Rispondi
#22
POZZATO. «Lavoro duro, non ho tempo da perdere»
Filippo Pozzato ha lasciato ieri mattina l'ospedale di Brescia dove è stato operato ad entrambe le clavicole: da una parte per ridurre la frattura riportata in Qatar, dall'altra per rimuovere la placca che era servita per sistemare una vecchia frattura. Due ferite in più sul corpo di Pippo, nessuna ripercussione sul suo morale: il vicentino, infatti, si è già messo al lavoro perché ha le classiche nel mirino. Ecco cosa ha twittato stamani: «Oggi giornata di duro lavoro... Fisioterapia al mattino... bici, fiosioterapia al pomeriggio e... ancora rulli...». Come dire che stasera il buon Pippo andrà a letto presto non vedrà Sanremo...
Tuttobiciweb.it
 
Rispondi
#23
POZZATO. «Ecco perché è importante tornare subito»
Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare: il modo di dire calza a pennello per Filippo Pozzato che dopo la caduta con frattura alla clavicola di giovedì 9 febbraio, è pronto a rimettersi il numero sulla schiena già sabato al Trofeo Laigueglia. In nove giorni, con un'operazione di mezzo (domenica) e già all'attivo quattro allenamenti con quello odierno. Il talento di casa Farnese Vini Selle Italia sarà al via perché: «Ci tengo a non buttare via il buon lavoro fatto, e perché con Luca (Scinto n.d.r.) abbiamo deciso che sia meglio così. Ieri è venuto in allenamento con me, abbiamo fatto più di quattro ore e mezza con alcuni lavori specifici e le sensazioni che ho avuto mi dicono che posso pensare alla corsa, ovviamente intesa come allenamento» dice Pippo, che con quest'azione entra di diritto tra i corridori più “duri” del gruppo. Il via alla corsa serve per rimettersi in linea con il ritmo del gruppo e testarsi: «Anche perché abbiamo pensato che ripartire con la Het Volk non sarebbe comunque stato intelligente - spiega il Pitone Luca Scinto, al rientro nella sua Toscana dopo la giornata trascorsa con il suo leader - e visto che grazie a Michele del Gallo (Massaggiatore di Pozzato n.d.r.) Filippo si sente già meglio, senza contrazioni e con un dolore sopportabile, abbiamo optato per questa scelta. D'altronde o stavamo fermi fino alla Sanremo, riprendendo piano piano come una frattura richiederebbe ad una persona normale, oppure questa è la strada per ritornare presto in pista».
Da non sottovalutare, poi, il lato psicologico della faccenda: «Filippo è veramente motivato, ha voglia di correre, è grintoso - conclude Scinto - tenerlo fermo potrebbe far nascere in lui dubbi e perplessità inutili. Meglio averlo concentrato, in gruppo, senza prendere rischi e respirando l'aria delle corse che lasciarlo solo a casa ad allenarsi, correndo per altro gli stessi rischi».
Pozzato è convinto, il suo fisioterapista Michele Del Gallo anche: «E' pronto, non lo faremmo correre se non fosse a posto e nei limiti dei rischi legittimi di una situazione del genere». Scinto ancora di più: «Per un incidente rimediato giovedì 9 febbraio, un rientro da record pensando alla grande campagna del nord che attende il team». «Anche per questo non posso sottrarmi alle mie responsabilità - afferma Pozzato - di una squadra davvero unita intorno a me con sponsor splendidi che hanno investito e puntato su di me. Devo rientrare subito anche per loro».
La parola ora passa alla corsa: insieme a Pippo ci saranno Luca Mazzanti, Elia Favilli, Francesco Failli, Leonardo Giordani, Rafael Andriato, Alfredo Balloni e Davide Ricci Bitti. Per gli altri sarà una giornata di attacchi, per Pozzato un allenamento, ma pur sempre con il numero sulla schiena.
Tuttobiciweb.it
 
Rispondi
#24
che coraggio, per uno normale se ha una caduta del genere chiede l'invalidità e resta a letto per 3 mesi, lui dopo 10 giorni
 
Rispondi
#25
Anche lui è un grande...
 
Rispondi
#26
Beh, sta mostrando una forza e una voglia di rivalsa che sinceramente non credevo fosse così grande. Certo che rimettersi a correre dopo nemmen 10 giorni dall'operazione... boh... io continuo a vederla un po' rischiosa come cosa.
 
Rispondi
#27
Pozzato: «Ora corro per il Kenya»
«Domani dovevo essere ai Giochi di Londra a correre la prova su strada e avrei potuto dire la mia, perché ho 30 anni, sono al top della condizione e quel percorso pare disegnato su misura per le mie caratteristiche. Un’occasione unica... Sarebbe stata la mia seconda Olimpiade dopo quella di Atene, lì per colpa del virus le gambe non giravano e ho p­tuto solo passare la borraccia per lo strappo finale di Bettini, che andò a vincere l’oro. Ora, invece, sono qui, ad allenarmi da solo, fermato ingiustamente per una storia che non sta né in cielo né in terra...».

È lo sfogo mattutino (prima della pedalata d’allenamento, «sto in sella 5 ore al giorno e la sera corro per sfogarmi») di Filippo Pozzato, ciclista di primo piano del movimento azzurro, con una Milano-Sanremo vinta nel 2006. Un anno dopo l’incontro con il dottor Michele Ferrari: la “relazione pericolosa” che gli ha sbarrato il passo e tolto il pass olimpico. Il dottor Ferrari è un “soggetto inibito”, pertanto la sua frequentazione è costata a Pozzato la richiesta di squalifica di un anno avanzata dalla Procura Antidoping del Coni, «alla quale ho risposto immediatamente con l’autosospensione».

Una telefonata a un ex compagno di squadra (Guido Trenti) la incastra, quella in cui dice di essere «cliente» del dottor Ferrari.
«Io, come tanti miei colleghi, ho cominciato ad andare da Ferrari nel 2005. Quindi, tre anni dopo quella sentenza di inibizione nei suoi confronti che, peraltro, nonostante le ricerche approfondite del mio avvocato, Pier Filippo Capello, non è risultata né a noi né tanto meno all’Uci, alla Federazione e neppure al Coni. Un mistero».

Però alla Procura Antidoping è bastata la sola «frequentazione » per impedirle di andare di Giochi.
«Una situazione surreale, a cominciare dal fatto che si vuole dipingere il dottor Ferrari come l’uomo nero del ciclismo e io come l’unico ciclista che si sarebbe avvalso delle sue consulenze tecniche. Al procuratore Torri, quando sono stato sentito, ho fatto anch’io una domanda legittima: come mai almeno 200-300 ciclisti sono stati seguiti da Ferrari e avete fermato solo me? Non ho ricevuto risposta...».

Ma perché voi ciclisti vi rivolgevate tutti a Ferrari?
«Non solo i ciclisti si rivolgevano e si rivolgono ancora al dottor Ferrari, ma tantissimi atleti di discipline diverse. Vanno da lui perché è il più bravo e questo nell’ambiente lo sanno tutti. Così come si sa che le sue tabelle di allenamento sono le migliori e le più imitate. Ma chi le copia ottiene risultati assai più scadenti rispetto a quelle originali».

E qui sorge il dubbio che, oltre alle tabelle ci possa essere di più, tipo l’utilizzo di farmaci...
«Siamo fuori strada. Quando mi sono rivolto a lui, la prima cosa che mi ha detto è stata: se vieni qui e pensi di andare più forte perché ti darò delle medicine, allora sappi che la porta è quella, puoi anche uscire subito. Con lui solo tabelle quotidiane, un test ogni 20 giorni sulla salita del Monzuno, sugli Appenini. Si lavorava solo sulla condizione fisica, mai preso niente... ».

Dalla porta del suo studio quando è uscito per l’ultima volta?
«Alla metà del 2008. Da allora, fino al 2010, come allenatore ho avuto Sandro Callari e con il dottor Ferrari sono andato a cena un paio di volte. Non ho mai saputo di trovarmi a tavola con una persona inibita e “infrequentabile” per un ciclista professionista. A norma di regolamento, non c’è neppure un esplicito divieto».

Pozzato “capro espiatorio” del sistema?
«No, l’idea che mi sono fatto di questa brutta storia è che la questione sia politica e l’obiettivo da colpire non fossi io, ma il dottor Ferrari. Non esistono vittime del sistema, neppure quando si parla di doping, perché ogni ciclista ha la sua coscienza e deve rispondere prima di tutto al suo senso di responsabilità».

Non si può negare, quindi, che il doping è ancora uno spettro che aleggia sul ciclismo?
«Rispetto ai drammatici anni ’90, si è fatto molto per ripulire il ciclismo e il nostro passaporto biologico è lo strumento di maggiore trasparenza esistente in tutto il mondo dello sport. Il problema è che in Italia, rispetto al resto dell’Europa, esiste ancora una cultura “marcia” che mette a repentaglio il futuro delle nuove generazioni. Quello che per gli anglosassoni è il primo comandamento, fare sport come educazione e divertimento per i ragazzi, da noi è l’ultima delle rego­le e tutta ancora da scrivere».

Ci spieghi meglio.
«Significa che nel ciclismo ci sono allievi e juniores che smettono di andare a scuola per fare una vita da professionisti a tutti gli effetti, con stipendi anche da mille euro al mese. A 16 anni in tante squadre dilettantistiche non insegnano a correre per divertirsi, ma solo che conta vincere, e basta. E per arrivare primi è lecito fare qualsiasi cosa, compreso l’abuso di farmaci e sostanze dopanti».

Un genitore, allora, farebbe bene a tenere lontano il proprio figlio dal ciclismo?
«No, la mentalità sta lentamente cambiando, i controlli antidoping sono diventati più assidui e severi. C’è maggiore attenzione, perché chi sbaglia sa di finire nel penale. Il fatto che il ciclismo sia più pulito lo dimostrano anche i tempi in gara. È finita l’era delle salite da fantascienza di Pantani o Armstrong, all’ultimo Tour Wiggins ha vinto con tempi decisamente umani».

L’uomo al centro della dimensione sportiva è lo spi­rito che da sempre anima le Olimpiadi. Come ha reagito a questa esclusione?
«Appena ho ricevuto la comunicazione del Coni, mi sono chiuso in camera e per due ore ho pianto come un bambino. Mi sono visto crollare il mondo addosso. Tutti i sacrifici di una vita andati in fumo, pensavo... Poi mi sono aggrappato alla fede che grazie a Dio non mi ha mai abbandonato e con l’aiuto di don Marco Pozza ho deciso che la mia Olimpiade la “correrò” in Kenya».

C’è un giro del Kenya al quale può gareggiare ugualmente, nonostante la sospensione?
«Macché, nelle due settimane olimpiche andrò a prestare soccorso ai bambini dei centri di accoglienza alla periferia di Nairobi. Il mio sogno, quando smetterò con il ciclismo, è di dedicarmi agli ultimi, alle persone che hanno più bisogno d’aiuto. E poi vorrei tanto aprire una scuola pubblica, ma sul modello dei college, per i giovani atleti, in cui la crescita culturale vada di pari passo con quella sportiva. Perché è questo che da noi manca, ed è ancora la causa dei tanti piccoli drammi dello sport».

Da «Avvenire» del 27 luglio 2012 a firma Massimiliano Castellani
 
Rispondi
#28
Beh questa mi era sfuggita ma mi sembra un'intervista molto interessante...a differenza di altri lui si fa intervistare e non mette le mani avanti, punto a suo favore
 
Rispondi
#29
le interviste di pozzato "a freddo" sono sempre un piacere da leggere, nella vita ha sicuramente un ottima testa.
 
Rispondi
#30
Pozzato, un classico per le classiche
«Dalla Sanremo in poi voglio essere al top»

In pratica ha fatto le vacanze co­me molti impiegati, nel mese di agosto, anche se ha impiegato il suo tempo per fare del be­ne, per darsi da fare e rendersi utile al prossimo. Poi è tornato alle corse, dopo l’amarezza di uno stop durato tre mesi, che gli ha impedito di correre sia le Olimpiadi di Londra che il Mondiale di Valkenburg.
«Non essere stato a Londra mi ha pesato parecchio - ci racconta Filippo Pozzato, 32 anni, neo acquisto della Lampre Merida, alla vigilia della sua quattordicesima stagione da professionista -. Uno stop duro da accettare, ma che ho af­frontato con la serenità di chi sa di aver commesso un peccato veniale. E allora, invece di stare con le mani in mano, ho deciso di mettermi in discussione e mi sono reso utile per qualcosa di più im­portante anche di un’Olimpiade, che per altro non ho seguito. Ho accettato l’invito di don Marco Pozza e sono an­dato con lui in Kenya e più precisamente a Nyahuru­ru, famosa per le sua cascate (Nya - acque che fanno rumore - hururu). Ci sono stato ai primi di agosto, mi sono fermato lì per due settimane. E sono stato felicissimo di averlo fatto, di essere stato all’equatore, dove ho avu­to l’occasione di passeggiare tra le foreste, habitat naturale di elefanti e babbuini, e dove i volontari di Uni­mondo stanno piantando una foresta che conta già 33.333 alberi a compensazione. Che significa? Parte dell’anidride carbonica che noi produciamo quassù in Italia viene compensata con la piantumazione di nuovi alberi all’equatore come stabilito dagli “accordi di Kyoto”. Monumenti utili un domani a frenare l’avanzata del deserto rafforzando il sogno di Wangari Maathai, già premio nobel per la pace».
Pippo parla fluido, senza esitazione, si ca­pisce che questa esperienza l’ha segnato e non rimarrà isolata.
«Dei problemi che hanno laggiù se ne parla spesso, ma un conto è sentirne parlare, un altro è andare a toccare con mano. Sono entrato in punta di piedi presso la casa “Thalita Kum”, una struttura nata per l’accoglienza di bambini con Hiv Aids e con poche speranze di vita. Ho visto ragazzi malati che sperimentano ogni giorno la fatica della salita ripida, sulla cui cima non vi è alcun traguardo, se non quello della morte. C’è poco da dire, molto da fare. Io ci tornerò anche quest’anno».
Pippo però non si sente vittima di una ingiustizia, la sua frustrazione l’ha cancellata con qualcosa di più concreto e no­bile.
«In Kenya mi hanno detto. “son sempre gli alberi più grandi ad essere ab­battuti”, ma io davanti a certe realtà e a certe storie mi sono sentito un ramoscello, non un albero grande e maestoso. È una questione di prospettiva, di­pende da che punto ti metti ad osservare. Andando in Kenya ho imparato a guardare il mondo in un modo diverso».
Il suo mondo ora è tornato ad essere il ciclismo. In verità è tornato ad esserlo già dal 26 settembre dello scorso anno, giorno della Milano-Torino. Questa è stata la corsa dei ritorni: sia della corsa più antica d’Italia, che dopo cinque an­ni è stata rilanciata dall’Ac Arona di An­tonio Bertinotti (per tre anni l’ha presa in affitto dalla Gazzetta dello Sport, ndr), sia per Filippo Pozzato, che con il dorsale numero 121, a più di tre mesi dall’ultima corsa, il Giro di Slovenia, è tornato alle competizioni.
«È stata una bella sensazione tornare a pedalare nel gruppo, anche in quell’occasione ho capito cosa significhi essere privato di quello che più ami fare. Non correre, non competere è stata una co­sa molto dura da accettare, ma ora questo fa parte del passato. Ora voglio so­lo metterci una pietra sopra e pensare a quello che andrò a fare con la mia nuo­va squadra, con la mia nuova maglia, con la mia nuova bicicletta…».

Alla fine alla corte di Beppe Saronni ci sei arrivato…
«Sì, non nego che in passato tra noi ci sono anche state delle frizioni, delle incomprensioni, qualche battuta da par­te sua che non mi è andata giù, ma alla fine poi ci siamo chiariti, capiti e compresi. Beppe non è uomo che le manda a dire, come il sottoscritto. Però io preferisco le persone che le cose te le dicono in faccia, non alle spalle. Dopo il Mondiale di Geelong era stato molto duro e io non avevo assolutamente gradito quello che lui aveva det­to sul mio conto, ma non ci ho girato tanto attorno: io l’ho affrontato, lui mi ha spiegato le ragioni della sua critica, io ho ribattuto punto per punto e tra noi è tornata la stima, che in verità for­se non è mai venuta meno».

Cosa ti ha convinto del progetto Lampre Me­rida?
«Io ad una squadra chiedo di credere nel sottoscritto. Non mi piace essere uno dei tanti, mal sopportato. Con­traria­mente a quanto si possa pensare, non è stata assolutamente una questione di soldi, ma di programmi. Beppe mi ha proposto un contratto triennale, la Lampre Merida crede nel sottoscritto e a questo punto sta a me ripagarli con una buona stagione».

Com’è stato il tuo inverno?
«Sono stato negli Stati Uniti. Prima cinque giorni, ai primi di novembre, a New York con Andrea Ceccato, un mio amico, e poi ho accettato l’invito di Stefano Allocchio e l’ho raggiunto a Mia­mi per la prima Gran Fondo Gaz­zetta dello Sport».

Quella con Mario Cipollini…
«Io sono andato per Stefano Al­loc­chio…».

Con Cipollini non hai mai legato troppo…
«A Mario non va mai bene niente, è sempre tutto sbagliato e tutto da rifare. Per me non è così, e ve lo dice uno che non lesina le critiche. Ma quando è solo un atteggiamento, non mi piace neanche un po’. E poi dico solo una co­sa: per Mario tutti i team manager so­no dei falliti, i direttori sportivi tutti de­gli incapaci, i corridori solo una mas­sa di pecoroni, le istituzioni sono da cancellare e via di questo passo. Ma perché non si trova uno sponsor e non fa una squadra lui? Poi vediamo».

Dici quello che un anno fa disse Beppe Saronni…
«Bene, la penso esattamente come lui. Ma anche come Scinto».

Ti è spiaciuto lasciare Scinto e Citracca?
«Sì, molto. Con loro mi sono trovato benissimo e mi è spiaciuto non averli potuti ripagare con qualcosa di più so­stanzioso, ma la frattura della clavicola prima e la questione Ferrari dopo mi hanno condizionato non poco. Non posso dire la stessa cosa degli sponsor, uno in particolare, con il qua­le non mi sono lasciato benissimo. E per il quale ho deciso di accettare una delle quattro offerte che avevo davanti a me».

Lo sponsor con il quale non ti sei lasciato benissimo è Valentino Sciotti, il signor Farnese?
«Lasciamo perdere, ti prego».

Torniamo alla tua preparazione: dal 4 al 7 dicembre il primo ritiro Lampre Merida a Boario Terme. Poi…
«Dodici giorni in California, a Malibù, al caldo, dove ho preso in affitto una ca­sa. Sono andato con Michele Del Gal­­lo, il mio storico massaggiatore. Lì ho lavorato benissimo dal 10 a 23 di­cembre. Poi ho trascorso qualche giorno con la mia famiglia per le festività natalizie e il 27 sono tornato a Monte­carlo, in at­tesa di partire per l’Argen­tina e correre il Tour di San Luis che segna in pratica il mio inizio agonistico 2013».

Nella tua marcia di avvicinamento alla nuova stagione non è cambiato nulla, il copione è rimasto quello di un anno fa?
«Vorrei porre una va­riante che l’anno scor­so alla Far­nese non sono riuscito ad inserire. Mi piacerebbe, do­po l’Ar­gen­tina, inserire una sei giorni. Pro­ba­bile che sia quella di Co­pen­hagen, ma devo verificare bene le da­te. Visto che in Argentina an­drò per svolgere un certo tipo di lavoro, dove metterò nelle gambe una bella base di chilometri, voglio rifinire il tutto con una settimana di agilità, rit­mo di corsa per trovare quella brillantezza che è necessaria per l’i­ni­zio di stagione. Poi, proseguirò con Tirreno e Sanremo in attesa delle classiche del nord che per me, come ben sai, costituiscono il piatto forte della mia stagione».

Alla Sanremo con un Petacchi in squadra…
«Quando vinsi la Classicissima avevo in squadra corridori come Bettini e Boonen. Essere in due per un grande obiettivo, rappresenta una possibilità in più per la Lampre Merida. Se si arriva in volata, tutti per Ales­san­dro. Se c’è da giocarsela prima e inventarsi qualcosa, io voglio far­mi trovare pron­­to. Sono felice di tornare a correre con Ales­san­dro, con il quale ho avuto qualche malinteso nel lontano 2004, ma oggi siamo buo­ni amici».

Giro o Tour?
«Il cuore dice Giro, ma anche la ragione, perché io vorrei pensare anche in chiave Mondiale di Firenze, e quindi ho in mente di correre sia il Giro che la Vuelta. Ma la squadra sta pensando al Tour, vediamo. Tireremo le somme più avanti, tutti assieme come è giusto che sia».

Una buona squa­dra, la Lam­pre-Merida, con tan­ti giovani in­te­res­santi, hai già in­di­viduato quelli che po­treb­bero fare al caso tuo?
«Alcuni li co­noscevo già, altri li sto sco­pren­do e ci co­no­­sce­remo sem­pre me­­glio. Cer­to, so­­no ar­rivato qui sen­za nes­sun uo­mo di fi­du­cia che - nel mio caso - avreb­be­ro po­tuto es­se­re Lu­ca Pao­lini o Ke­vin Huls­mans che è ri­masto alla Far­nese. Ad ogni modo qui ho trovato corridori molto interessanti come Da­vide Cimolai e Massimo Gra­ziato, ma anche il giovanissimo Luca Wackermann mi ha molto impressionato. Certo, ora bisognerà ve­derlo all’opera, sulle strade in mez­zo al gruppo, ma se il buongiorno si vede dal mattino, il ragazzo mi sembra che ab­bia tutti i numeri per poter far bene».

Fiandre o Roubaix?
«Per me l’importante è arrivare lì con la condizione ed essere tra i protagonisti. Poi vada come vada. Ma sia ben chiaro, io voglio esserci anche alla San­remo».

Quest’anno la Classicissima si correrà di domenica, cambierà qualcosa?
«Qualcosa sì, sarà importantissimo av­vicinarsi il meglio possibile. Sarà una questione di dettagli, ma a certi livelli i dettagli sono tutto. So che stanno pensando di inserire una corsa tra la Tir­re­no e la Sanremo (il Gp Nobili, al ve­nerdì, ndr): sarebbe una co­sa buona e giusta».

Da quest’anno, in casa Lampre Merida, la preparazione sarà seguita dallo “Sport Service” di Lunata, dove lavorano il dottor Giammattei e Michele Bar­toli.
«Il dottor Carlo Giammattei è il medico della nazionale italiana di ciclismo, un punto fermo. Per la prima volta mi confronterò con Michele (Bartoli, ndr). Cosa posso dir­ti? Ci parleremo, ascolterò le esperienze di un corridore come lui e le confronterò con le mie. Ormai ho una certa esperienza anch’io, con questa sono quattordici le stagioni da profes­sio­nista. Non sono più un ra­gazzino…».

Che idea ti sei fatto delle vicenda Arm­strong?
«Ho una mia idea, ma è meglio che la tenga per me. Posso solo dirti che ciò che è accaduto non ha fatto altro che gettare ancora più nella polvere uno sport che fatica a ritrovare serenità e credibilità».

Hai una ricetta per risalire la china?
«Ce n’è solo una: pedalare a testa bassa e raccogliere risultati. Io per primo. Spero solo che questo inverno rigido e deprimente finisca quanto prima, e si torni a parlare solo di corse e di corridori. Mi auguro che il ciclismo italiano possa tornare a conquistare le pagine dei giornali e dei telegiornali, per quello che fa di buono. Abbiamo un corridore come Vincenzo Nibali, che è uno dei più grandi del mondo: lui ci può veramente riportare in alto. E poi ab­bia­mo tanti bei giovani, che stanno crescendo e maturando, come Mo­reno Mo­­ser, Elia Viviani, Enrico Bat­taglin, Stefano Agostini, Diego Ulissi e altri ancora che scopriremo nell’arco di questa stagione. Il ciclismo italiano c’è, può regalare agli sportivi qualcosa di bello. Sta a noi corridori, però, non ro­vinare nuovamente tutto».

Fidanzato o single?
«Single. E poi, scusami, ma io del mio privato preferirei non parlare».

C’è qualcosa che, dopo quattordici anni di professionismo, non ti perdoni?
«Sì, più d’una. Ma ce n’è una in particolare. Mi spiace essermi giocato male la carta Giancarlo Ferretti. Ancora oggi non so se è stato sbagliato il mio atteggiamento con lui o dovevo andare pri­ma alla Quick Step e poi magari andare da Ferretti. Ferron era un uomo forte, con le sue idee, con la sua personalità, io un giovanotto sfrontato con la mia te­sta e il mio bel caratterino. Con lui mi sono scontrato senza mezze misure. Og­gi mi dico: forse ho sbagliato. È un dubbio che mi porterò sempre dietro e al quale non saprò mai dare una risposta certa, anche se un’idea me la sono fatta».

da tuttoBICI di gennaio
a firma di Pier Augusto Stagi
http://www.tuttobiciweb.it
 
Rispondi
#31
Pozzato: «Domenica nel Fiandre vincerà un corridore sincero»
«Proverò a inserirmi per smentire chi mi dice che non ho grinta»

PROFESSIONISTI | Domenica c’è il Giro delle Fiandre, primo grande appuntamento nell’Inferno del Nord e seconda classica monumento in calendario dopo la Milano-Sanremo. Pippo Pozzato, il numero1 dei nostri corridori su muri e pavé, vuole riscattare il secondo posto del 2012 e la recente Sanremo un po’ sotto tono.

Pozzato, per vincere un Fiandre bisogna essere al top: lei come sta?
«La condizione è buona, quella che volevo. È vero, alla Sanremo non è andata come pensavo, ho dovuto spendere molto dalla Cipressa al Poggio e mi è mancato qualcosa alla fine. Quando fa molto freddo può succedere e spesso i valori sono un po’ falsati».

Lei nel Fiandre 2012 fu battuto solo da Boonen e qualcuno disse che avrebbe dovuto cercare di staccarlo prima.
«Ho una sola recriminazione: dovevo lanciare prima lo sprint, perché Tom patisce le volate lunghe. Per il resto, rifarei le stesse cose di un anno fa. La fuga a tre (davanti c’era anche Ballan, che arrivò 3º, ndr) la scatenai io. E alla fine ero fiducioso perché Boonen l’avevo già battuto ad Harelbeke».

Che cosa è indispensabile per conquistare un Fiandre?
«Tante cose: condizione, potenza, attenzione, fortuna. Il Fiandre è La Corsa, bisogna correre sempre davanti, sbagliare il meno possibile, essere completi e avere le palle».

Alcuni suoi denigratori dicono invece che lei non ha abbastanza attributi...
«Lo so, ma non ci posso far nulla. Mi vedono per come sono fuori dalle corse, ma non vengono mai ai miei allenamenti, non sanno quanti sacrifici faccio. Io sono fatto così: o piaccio o no, o mi si ama o mi si odia».

Fra i 17 muri di questo Fiandre non ci sarà il mitico Grammont. Cambia qualcosa?
«Mancherà un po’ di storia, ma così forse sarà una corsa più spettacolare e imprevedibile».

Chi sono i suoi favoriti?
«Sagan prima di tutti, poi Cancellara che vuole rifarsi della caduta di un anno fa. Quindi Boonen, anche se non è al top. E Chavanel, che è in gran forma».

In extremis ha dato forfait Gilbert, colpito dall’influenza...
«Philippe sarebbe stato comunque pericoloso, anche se quest’anno non ha ancora raggiunto una buona forma e infatti alla Sanremo ha sofferto molto».

Alcuni considerano Sagan il nuovo Merckx. È così?
«A Sanremo è stato il più forte, anche se ha perso da Ciolek. È un fuoriclasse, ma vincere tanto e così presto può anche logorare ed essere un boomerang. Sta correndo molto, dovrà imparare a dosarsi e gestirsi al meglio».

Cancellara invece giudica Sagan un po’ sbruffone...
«A me invece Peter piace. In ogni vittoria inventa un atteggiamento diverso, impenna la bici come se fosse a un rodeo, imita l’Incredibile Hulk o Forrest Gump, insomma dà spettacolo. Quello che ci vuole nel ciclismo moderno. E la rivalità con Cancellara non può che giovare a tutto l’ambiente».

Note dolenti: perché i corridori italiani non vincono una classica-monumento dal 2008?
«Perché il mondo si è allargato, i corridori di altri Paesi sono sempre di più e i pretendenti al successo nelle grandi corse adesso sono cinquanta mentre una volta erano dieci. Persino Merckx, oggi, vincerebbe un terzo di quanto fece ai suoi tempi».

La confessione-choc di Armstrong sul doping ha fatto bene o male al ciclismo?
«Male, perché è caduto un mito del nostro sport e sul ciclismo sono piovute nuove critiche feroci. Spero che non ci siano altre confessioni simili e che si guardi invece a quello che stiamo facendo per uscire dal tunnel».

Lei ci può assicurare che il vincitore del Fiandre sarà un corridore «pulito» e credibile?
«La mano sul fuoco non la metto per nessuno, ma al 99% sarà un corridore sincero. Il ciclismo è cambiato, è uno degli sport più puliti in assoluto, ne sono straconvinto. E ci sono tanti giovani in gamba e pulitissimi, ai quali non dobbiamo far scontare gli errori e le colpe del passato».

tuttobiciweb.it
 
Rispondi
#32
Vanity Fair: Pozzato-Pedron, nasce una nuova coppia?
La soubrette ha lasciato Max Biaggi dopo 8 anni

Sarebbe arrivata al capolinea la storia tra Max Biaggi ed Eleonora Pedron. Stando a Novella 2000, il campione di motociclismo e la soubrette avrebbero cercato invano di risolvere la crisi di coppia e starebbero già cercando una nuova casa in Italia. Lei a Milano, lui a Roma.
Secondo quanto riporta il settimanale, Max avrebbe detto addio alle corse per cercare di stare accanto alla famiglia. Ma dopo aver visto che le difficoltà non si sarebbero risolte, avrebbe gettato la spugna e deciso di tornare nel mondo del motociclismo come commentatore sportivo. Lei avrebbe accettato di tornare con una nuova trasmissione Tv.
E si vocifera di una sua amicizia con il vicino di casa a Montecarlo Filippo Pozzato, ciclista e playboy soprannominato «Il Cassano del ciclismo».

http://www.vanityfair.it/people/italia/1...ria-finita

La notizia appare anche su Novella 2000, come dimostra la foto pubblicata.

[Immagine: showimg.php?cod=58383&resize=10&tp=n]

tuttobiciweb.it
 
Rispondi
#33
Playboy forse, ciclista no di certo...

Da quando in qua è soprannominato "il Cassano del ciclismo"? Boh
 
Rispondi
#34
Mica scemo Pippo
 
Rispondi


[+] A 1 utente piace il post di Hiko
#35
Ecco bravo! pensa alla Pedron e non al ciclismo
 
Rispondi
#36
Lampre, il 2013 in chiaroscuro di Pozzato: "Nelle classiche avevo un virus"

E’ il chiaroscuro l’effetto più appropriato per disegnare la stagione appena conclusa di Filippo Pozzato. Tre vittorie (Trofeo Laigueglia, Coppa Agostoni, GP Ouest France-Plouay), diversi piazzamenti (tra cui un secondo alla Roma Maxima e un terzo nel GP Costa degli Etruschi), la convocazione ai Mondiali di Toscana 2013, ma bottino vuoto nelle corse di primissimo piano.

Sebbene abbia ormai fatto l’abitudine alla sequela di critiche per le aspettative tradite, l’eterna promessa vicentina non ci sta e prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: “Non posso dirmi soddisfatto della mia stagione se guardo alla prima parte, ma sono felice della mia seconda parte perché ho vinto alcune corse importanti” – racconta a Cyclingnews - C'è un motivo se non sono andato bene nelle Classiche: avevo un virus. L’ho scoperto solo dopo averlo avuto, ma non ne ho parlato per evitare che si pensasse che fosse solo una scusa”.

L’ottima condizione di forma ("stavo volando", descrive il corridore) che gli ha permesso di imporsi a febbraio al Trofeo Laigueglia è stata quindi bruscamente stoppata da un malanno che gli ha impedito di fare bene nella Milano-Sanremo e nelle Classiche del Nord, gare su cui aveva impostato parte della preparazione invernale.

Ed è proprio al primo obiettivo del 2014, la Classicissima vinta nel 2006, che va lo sguardo del portacolori della Lampre-Merida, scettico per la variazione del percorso che ha portato all’eliminazione della salita a Le Manie e all’inserimento della Pompeiana (5 chilometri di salita a 20 chilometri dal traguardo).

“È più difficile per me e non è più la vera Milano-Sanremo, onestamente non credo che avrà qualcosa di magico come in passato perché così la corsa non sarà equilibrata", prosegue Pozzato, che vede tagliati fuori i velocisti come Mark Cavendish indicando come più adatti quei “corridori più abili in salita, che si comportano bene alla Parigi-Nizza e alla Tirreno-Adriatico”.

Tra le novità della prossima stagione ci sarà la convivenza con il neo-campione del mondo Alberto Rui Costa, prelevato dalla Movistar poche settimane prima che trionfasse a Firenze: “Siamo tipi di corridori diversi e quindi avremo obiettivi molto diversi, anche se potremmo entrambi correre la Milano-Sanremo. È un grande atleta e sa correre con intelligenza, perciò sono contento che gareggerà con la Lampre – spiega il vincitore della Vattenfall Cyclassic 2005 - Più corridori forti ci sono squadra meglio è per tutti. Anche per me..”.

Sul capitolo Mondiale, corsa con cui dimostra di non riuscire a trovare il feeling (quarto nel 2010, diciassettesimo quest’anno), l’ex atleta della Fassa-Bortolo non cerca scuse: “Ai Mondiali è stato impossibile restare con Nibali, Rodriguez, Rui Costa e Valverde. Siamo stati sfortunati per la caduta di Vincenzo e di Paolini, altrimenti avremmo potuto controllare meglio la corsa nel finale. Personalmente avrei potuto chiudere sesto o settimo ma per me fa poca differenza, al massimo sarei potuto arrivare con Sagan o Cancellara, ma non ce l’ho fatta”.

Infine una stoccata ai media italiani, rei di aver caricato la sua gara iridata di eccessive attese: “Non ho mai detto che avrei vinto i mondiali, loro hanno detto che potevo vincere. Non mi preoccupo più di cosa pensa la gente di me o di cosa scrivano i media”.

spaziociclismo.it
 
Rispondi
#37
Rujano-Style

(17-10-2013, 01:16 PM)Hiko Ha scritto: non ne ho parlato per evitare che si pensasse che fosse solo una scusa

Questa frase è memorabile, che signore, non tira mai fuori scuse per giustificare le sue controprestazioni
 
Rispondi
#38
bla bla bla....Tsk
 
Rispondi
#39
(17-10-2013, 01:16 PM)Hiko Ha scritto: spiega il vincitore della Vattenfall Cyclassic 2005

Ha vinto anche la Sanremo eh...
 
Rispondi
#40
Però la Sanremo l'avevano già nominata... Più che altro potevano scrivere il vincitore dell'E3 Harelbeke 2009
 
Rispondi
  


Vai al forum:


Utente(i) che stanno guardando questa discussione: 1 Ospite(i)