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I Nijdam: Henk e Jelle
#1
Hendrik “Henk” Nijdam
Nato ad Haren il 26 settembre 1935, deceduto a Breda il 30 aprile 2009. Passista e pistard. Alto 1,72 per 75kg. Professionista dal 1962 al 1969 con 32 vittorie fra strada e pista.
[Immagine: Henk_Nijdam_%281964%29.jpg]
Un corridore molto forte sul passo, con buoni cambi di ritmo, discrete doti velocistiche, ed una disponibilità al lavoro per gli altri, che lo hanno creato spalla ideale per diversi compagni, dai capitani designati, ai velocisti. Cordiale, disponibile, buono. Iniziò abbastanza tardi a pedalare l’agonismo, a venti anni compiuti, ma diventò subito un evidente, in particolare su pista. Con la speranza di giungere alle Olimpiadi di Roma si cimentò nell’inseguimento, per far parte del quartetto ai Giochi e vi riuscì, ma l’Olanda non andò oltre i quarti di finale. Nell’anno però, Henk, arricchì il suo palmares dilettantistico col Titolo olandese dell’inseguimento e l’Argento mondiale nella specialità. A fine ’60, il CIO rese noto l'accoglimento della richiesta dell’UCI di far entrare nel programma delle Olimpiadi di Tokyo la prova individuale di inseguimento ed Henk decise di restare dilettante. Nel ’61 dopo essersi mostrato su strada uno dei migliori per qualità di successi e piazzamenti, giunse sul mitico velodromo dell’Oerlikon in Zurigo, alla conquista del Titolo Mondiale nell’amica specialità, superando il fortissimo connazionale Oudkerk, che poi, anche per la delusione, decise di passare al mezzofondo, dove si mostrò presto un faro a livello internazionale. Nel 1962, Henk decise finalmente di passare professionista, con la Faema-Flandria, perché certi autobus non sarebbero più passati e lui aveva già più di 26 anni. E quel suo primo anno nel gotha ciclistico fu fantastico: nell’inseguimento individuale vinse il Titolo d’Olanda superando il fortissimo Peter Post e, poi, sul leggendario Velodromo Vigorelli di Milano si laureò Campione del Mondo della specialità superando nuovamente Post in semifinale, ed il sire della specialità nonché corridore di casa, Leandro Faggin. Dopo un ’63 sfortunato, con tante assenze per acciacchi ed i postumi di una brutta caduta, dove colse solo il terzo posto ai Mondiali degli inseguitori, col ’64 nella neonata Televizier, si dedicò principalmente alla strada. S’aprì per Henk una nuova carriera dove a 29 anni divenne per le sue doti sul passo, la cinghia delle squadre in cui militò fino al 1969, nonché pilota per i compagni veloci (l’amico Karstens in particolare) in quegli sprint che, allora, non andavano mai oltre il “treno” di una sola spalla.  Per Nijdam non mancarono comunque le vittorie. Le più importanti: altri quattro successi ai Campionati d’Olanda nell’inseguimento (’64-’65-’66-’67), tre tappe al Tour de France (6 partecipazioni-2 conclusioni), a Besancon nel '64, la crono-squadre di Doornik e a Montlucon nel '67; 4 tappe alla Vuelta di Spagna (2 partecipazioni con conclusioni), a Lerida (’66-’67), a Montjuich (’66) e Burgos (’66) e la vittoria nella Putte-Kapellen ‘66.  Chiuse come detto nel ’69, lavorando alla Willem II – Gazelle, per l’ultimo anno di Rik Van Looy. A fine anni ’70, lasciò il testimone ciclistico al figlio Jelle.

Nota: dell'episodio che coinvolse Henk al Velodromo Senigallia di Como in occasione del Baracchi '65, ho riferito nel topic su Gerben Karstens.




Jelle Nijdam
Nato a Zundert il 16 agosto 1963. Passista veloce alto 1,83 per 70 kg. Professionista dal 1984 al 1996 con 108 vittorie. Uno dei pochi casi del ciclismo e dello sport più in generale, dove il figlio è stato nel complesso ben superiore al padre, Henk, che era comunque stato un ottimo corridore, tra l’altro due volte iridato su pista.
[Immagine: 16241765561325Nijdam,Jelle.jpg]
Dal genitore, Jelle, aveva ereditato quelle ottime doti sul passo che lui seppe arricchire con una fortissima esplosività, che gli consentì di trasformarsi in gran finisseur e di specializzarsi nei prologhi. L’esplosività poi, unita alle doti sul passo, elevarono in Nijdem figlio, una particolare una velocità tale da consentigli di vincere allo sprint e di risultare membro fondamentale di quei treni che nel frattempo s’erano impossessati delle recite degli sprint. Con un simile bagaglio di qualità Jelle nei dodici anni passati fra i professionisti costruì una vera e pripria antropologia della velocità e non so immaginare cosa avrebbe potuto fare con le bici-bombe di oggi, aspetto di cui l’osservatorio ciclistico in particolare giornalistico parla sempre troppo poco. Altro aspetto raro del mosaico atletico e mentale di Jelle Nijdam, quel colpo d’occhio che scatenava in lui un raro senso dell’anticipo, ovvero un altro fattore peculiare per ergersi a gran finisseur. Una vittoria di Jelle, era quasi sempre spettacolare e rappresentava un gesto atletico che possedeva un distinguo da insegnare a quei giovani, sempre meno numerosi, che si avvicinano al ciclismo. Insomma, abbastanza per fare di Jelle uno specifico capitolo nella storia del pedale che va dal secondo lustro degli anni ottanta, alla fine del primo degli anni novanta, anche se nel suo carnet, non ci sono GT e numerose classiche. Certo perché gustarsi il bello dello sport, quindi anche del ciclismo, non sempre significa fare e concepire come esclusivo quel genere di conta-vittorie che è stato, sovente, una delle pessime immagini dell’osservatorio ciclistico. E di successi nel ruolino di Jelle Nijdam ce ne sono comunque a iosa, ben 108. Alcuni di grandissimo valore, fascino e prestigio, senza considerare, ovviamente, quelli in cui è stato determinante per le vittorie dei suoi compagni di squadra.
[Immagine: corvos_00027311-008.jpg]
In successione i suoi principali successi anno per anno: G.P. Impanis e Giro di Lussemburgo, Campionato d’Olanda nell’inseguimento nel 1985; G.P. Maastricht e Campionato d’Olanda dietro derny nel 1986; Attraverso il Belgio e il Tour de l'Oise nel 1987, l'Amstel Gold Race nell'88, G.P. Strombeek-Bever, Parigi Tours e Parigi Bruxelles nell'89, Giro d'Olanda e Gouden Pijl - Emmen nel '90, Tre Giorni di La Panne nel '91, Ronde van Pijnacker, Giro d'Olanda e G.P. Eddy Merckx, nel '92, G.P. Steenwijk nel '93, i Campionati delle Fiandre '94, Tour de l'Oise, Giro d'Olanda e Attraverso il Belgio '95, Delta Ronde Van Midden Zeeland e Ronde van Pijnacker '96. A questi successi, ha aggiunto sei tappe al Tour de France dove è stato anche Maglia Gialla, e tappe nelle altre manifestazioni a frazioni a cui ha preso parte, escluso il Giro d'Italia. Anche Jelle, come il padre, ha partecipato ai Giochi Olimpici, nel suo caso a quelli di Losa Angeles ’84 dove fu eliminato nei quarti sia nell’inseguimento individuale che a squadre. Ha chiuso la carriera quando ancora poteva essere vincente, ed anche questo gli fa onore. Un gran bel corridore, un campione, checché ne dicano certi narratori, commentatori, o semplici tifosi.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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#2
Grazie mille Maurizio, appena ho un attimo me lo leggo Applausi
 
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#3
Il palmares di Jelle, purtroppo, è stato svalutato dalla narrazione sulle monumento.

Parigi-Tours, Parigi-Bruxelles e Amstel Gold Race rappresentano un trittico di classiche di assoluto livello.

E nel 1989 mi pare proprio di capire che fece un Tour de France pazzesco.
 
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#4
Ricordare il Tour ’89 mi fa sempre male, perché fu il secondo “furto tecnologico” (e sono buono ad evidenziare solo questo….) che costò a Laurent Fignon la seconda doppietta Giro-Tour.
Che dire di Nijdam? Regalò all’osservatorio due perle, le cui immagini andrebbero estrapolate, per usarle nell’insegnamento del ciclismo, a Scienze Motorie.
Servì la prima perla nella Liegi Wasquehal di 255 chilometri, con tratti di pavè, su un itinerario da classica del nord, diciamo simile alla Freccia del Brabante. Gruppo compatto fino a due chilometri dal termine. Lì tentò Jerome Simon, ma guadagnò non più di venti metri e fu facilmente riassorbito. Ma a un chilometro e mezzo dalla conclusione, partì come una scheggia, da finisseur di razza, Jelle Nijdam: per il gruppo e, soprattutto, per gli altri colleghi con quelle caratteristiche fu il buio. E dire che tentarono a loro volta, ma non ci fu niente da fare: Nijdam vinse e mise incenso sul suo gesto tecnico supremo. Ed il valore della sua vittoria, va ascritto come un Mondiale dei finisseur, perché secondo, a 3” fu un altro asso della specialità come Jesper Skibby, terzo un campione per quegli arrivi come Museeuw (che allora faceva ancora il velocista), indi Jerome Simon e Soren Liholt (un danese molto forte e dimenticato). A 5”, sesto, finì Miguel Indurain che stava facendo l’apprendista e non si risparmiava….. come invece fece dopo.

Seconda perla nella a Marsiglia-Gap di 238 km una tipica tappa di forte avvicinamento alle alpi, con la parte centrale della seconda parte abbastanza impegnativa, ed una discreta asperità come il Col du Labouret. Una lunga fuga di Marc Madiot, Jerome Simon e Lucho Herrera che si concluse a circa 4 chilometri dal termine, grazie all’uscita dal gruppo di Frans Maassen (2° in quell’anno alla Sanremo, poi vincitore nel ’91 dell’Amstel e nel ’93  2° al Fiandre) e Pascal Poisson (un francese discreto alla ricerca della gara della vita). A due chilometri dall’arrivo, Jelle Nijdam uscì a velocità pazzesca dal gruppo in gran rimonta e si unì al duo. Ai millecinquecento metri dalla linea, attaccò a fondo Poisson, Jelle restò alla sua ruota, mentre Maassen crollò. Poche centinaia di metri dopo, nuovo acuto di Nijdam, che andò a vincere con un altro gesto tecnico clamoroso: praticamente tre chilometri  ai 60 all’ora (coi rapporti e le bici “pesanti” di quei tempi)! A due secondi, 2°, Poisson, che fu assorbito sul traguardo dal gruppo, con Eddy Planckaert, Fidanza e Kelly nell’ordine.

Cercando il pelo nell’uovo, Jelle non fu il solito “Prologhista”, ma nella tristissima crono finale a Parigi (due rettilinei con una svolta a “U”…) fu 4° dietro Lemond (con gli spinaci che su quel percorso davano un grandissimo vantaggio), Marie e Fignon.
 
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#5
Il Tour del 1989 probabilmente il più bello, ma con l'epilogo più brutto.

Con Ugrumov, l'ultima volta che ci siamo sentiti, parlavamo di come la seconda metà degli anni '80 sia stato un periodo ricchissimo di talento, ma di cui non si parla praticamente mai.

Forse perché gli unici italiani che andavano forte erano quelli antipatici.
 
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#6
Jesper Skibby del quale uno scatto impressionante alla Tirreno Adriatico compariva nel filmato di presentazione del ciclismo Rai degli anni novanta con il "nessun dorma" come colonna sonora.
 
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